Matteo Berrettini parla della sua tristezza (Foto IG @matberrettini - glieroidelcalcio.com)
Matteo Berrettini parla della sua tristezza (Foto IG @matberrettini - glieroidelcalcio.com)
Matteo Berrettini arriva a Wimbledon e d esterna tutta la sua tristezza. I tifosi sono gelati dinanzi a quelle parole sincere.
A volte basta uno sguardo per capire che dietro un sorriso si nasconde qualcosa di più profondo. Nel caso di Matteo Berrettini, quel qualcosa ha un nome ben preciso: fatica. Non solo fisica, ma anche mentale.
Il tennista romano è tornato a Wimbledon, il torneo che più di ogni altro gli ha regalato emozioni indimenticabili, ma lo ha fatto con un bagaglio carico di pensieri. Pensieri che ha deciso di condividere, aprendo finalmente il cuore e raccontando cosa significhi davvero essere un atleta costretto a fermarsi e ripartire continuamente.
“Mi stanco di fermarmi e ripartire, fermarmi e ripartire, ogni volta…” ha confessato Berrettini in un momento di grande onestà. E come dargli torto. Negli ultimi due anni il suo corpo ha fatto più resistenza che mai, mettendolo costantemente alla prova. Ogni volta che sembrava pronto per tornare, per dare il massimo, è arrivato un nuovo stop, una nuova delusione, un altro forfait. E chi conosce lo sport da dentro, sa bene che non è solo una questione di muscoli o di cure mediche: è la testa a pagare il prezzo più alto.

Eppure, nonostante tutto, Berrettini non ha mai mollato davvero. Forse si è sentito sconfitto, sì, ma solo per un momento. Poi ha ripreso in mano la racchetta, ha guardato avanti, ha deciso di provarci ancora. “Ripensando alle emozioni che questo torneo mi avrebbe potuto dare, ho deciso di provarci, di rimettermi in carreggiata,” ha spiegato. È questa la frase che racconta chi è davvero Matteo: un ragazzo che, nonostante la tristezza di dover saltare Stoccarda e il Queen’s – due tornei a cui tiene molto – ha scelto di non arrendersi.
Fondamentale, in tutto questo, è stato il ruolo delle persone che lo circondano. Famiglia, amici, team. Nessuno che abbia cercato di spingerlo oltre il limite o di riempire il silenzio con frasi fatte. Solo presenza, rispetto, sensibilità. “Tutti hanno avuto la sensibilità giusta nello scegliere le parole e i momenti giusti per dirmi le cose e lasciarmi un po’ da solo quando ce n’era bisogno,” ha detto con gratitudine. Perché anche questo è sport: sapere che, nei momenti più difficili, non sei solo.
Ora Berrettini è a Wimbledon. Non sa dove potrà arrivare, né come risponderà il suo corpo. Però c’è. E questo, oggi, conta più di ogni altra cosa. Perché non sempre serve vincere un torneo per dimostrare chi sei. A volte basta avere il coraggio di mettersi in gioco, anche quando tutto sembra andare storto. E lui, quel coraggio, ce l’ha nel sangue.
