Tre rigori sbagliati in una unica partita (Foto Instagram - glieroidelcalcio.com)
Tre rigori sbagliati in una unica partita (Foto Instagram - glieroidelcalcio.com)
Sbaglia tre rigori in una partita. Il calcio regala pagine indimenticabili, a volte di gloria e a volte di incredibile amarezza.
Ci sono giornate che segnano la memoria collettiva di uno sport non soltanto per le vittorie, ma per ciò che avviene in senso contrario, come se la sfortuna e la tensione scrivessero una storia parallela a quella dei trionfi.
È il bello e il brutto del calcio, un gioco che sa essere romantico e crudele allo stesso tempo. E infatti la vicenda di cui si parla ancora oggi, a distanza di decenni, rappresenta uno spartiacque non solo per un singolo giocatore, ma per intere generazioni di tifosi.
Era il 4 luglio 1999, una data che rimane impressa nella storia del calcio argentino, colombiano, sudamericano e persino mondiale. Quel giorno, durante la Coppa America, il mondo assistette a qualcosa di inimmaginabile: tre rigori sbagliati nella stessa partita da parte dello stesso calciatore. Non un giocatore qualunque, ma un attaccante che fino a quel momento era stato considerato uno dei più letali sotto porta, uno capace di segnare in tutti i modi e che incarnava l’idea stessa del bomber implacabile.
Il protagonista, suo malgrado, fu Martín Palermo. L’attaccante argentino, con la maglia della sua nazionale, visse la giornata peggiore della sua carriera e forse una delle più assurde che la storia del calcio abbia mai raccontato. Tre volte dal dischetto, tre errori clamorosi che lasciarono compagni e tifosi nello sconforto. Le telecamere catturarono volti increduli, compagni contrariati e un pubblico che non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile un simile epilogo.

Però, a rendere ancora più memorabile quell’episodio, non fu soltanto l’impresa negativa in sé, ma anche il modo in cui Palermo affrontò l’accaduto. Al termine della partita, davanti ai giornalisti, si presentò con parole che ancora oggi fanno riflettere per la loro onestà e per la forza d’animo mostrata in un momento così difficile. «Ero il migliore e ora sono il peggiore, ma la verità è che non è morto nessuno. Se ci fosse stato un quarto rigore avrei calciato anche quello. E se ne avremo uno nella terza partita contro l’Uruguay lo batterò con molto piacere, perché non ho perso la fiducia in me stesso. Giocherò ancora titolare? Un giocatore non può essere cambiato perché sbaglia 3 rigori: durante la partita mi sono reso utile, rispettando le consegne dell’allenatore».
Parole che, senza ombra di dubbio, fotografano non solo un momento di crisi, ma anche la resilienza di un campione che non si è mai lasciato abbattere dalle cadute. E forse è proprio per questo che quell’impresa, negativa e unica nel suo genere, continua a essere ricordata ancora oggi. Un record che resiste nel tempo e che, paradossalmente, ha contribuito a rendere immortale la figura di Martín Palermo, tra errori e grandezze.
