Dramma in Serie A, tumore al cervello: il racconto è straziante (Screen IG Messaggero) - Glieroidelcalcio.com
Dramma in Serie A, tumore al cervello: il racconto è straziante (Screen IG Messaggero) - Glieroidelcalcio.com
Un dramma che ha segnato per sempre la carriera di un giocatore di Serie A: il toccante racconto che ha sconvolto il mondo del calcio
Nel mondo dello sport professionistico, troppo spesso si dà per scontata la tenuta fisica e mentale degli atleti. I riflettori sono puntati sulle prestazioni, sui numeri, sulle vittorie o sulle sconfitte. Ma dietro ogni giocatore c’è un essere umano, con paure, fragilità, speranze. Quando un atleta affronta una malattia grave, l’immagine pubblica si incrina e si mostra per ciò che è: una persona alle prese con la sfida più dura, quella per la sopravvivenza.
Affrontare un tumore, subire un intervento delicato, convivere con le conseguenze, provare a tornare quello di prima: è un percorso che molti affrontano in silenzio, lontano dai riflettori. Ma quando a farlo è un calciatore professionista, quella storia diventa anche un messaggio, un segnale per tutti i tifosi. Della sua malattia ne ha parlato un giocatore di Serie A, in un racconto straziante che ha toccato i cuori del mondo del calcio.
Uno dei racconti più toccanti degli ultimi anni arriva da Leandro Castan, ex difensore della Roma, che ha scelto di condividere con il Corriere della Sera la sua drammatica esperienza. Tutto inizia il 13 settembre 2014, durante una partita contro l’Empoli.

“In quei 15′ è finita la mia carriera. È morta una parte di me. Durante il riscaldamento ho sentito un fastidio al flessore. Al termine del primo tempo Maicon ha avvisato Rudi Garcia: ‘Castan non sta bene’. Sono stato sostituito. Sono uscito dal campo, per sempre. Tornato a casa, ho iniziato a non stare bene. La mattina successiva la situazione è peggiorata, mi girava la testa. Ho pensato di morire“, ha raccontato Castan.
Dopo un leggero fastidio muscolare contro gli azzurri toscani, il difensore si sente male. Il giorno dopo la diagnosi: tumore al cervello. Ma la verità gli viene comunicata solo due settimane più tardi.
Da quel momento inizia una battaglia lunga e dolorosa. L’operazione, la riabilitazione, il tentativo di tornare in campo. “Non avevo il controllo del mio corpo. Era terribile. Volevo tornare a essere quello di prima, non accettavo di non poterlo fare. Questo mi uccideva”, racconta. Rudi Garcia lo protegge, lo supporta come una figura paterna.
Ma con Luciano Spalletti le cose cambiano: “Ero rientrato dall’operazione. Prima della partita contro l’Hellas mi aveva chiamato in ufficio dicendomi che voleva rivedere il vecchio Castan. ‘Va bene, ma ho bisogno di giocare’, la mia risposta. Contro il Verona sono tornato titolare, giocando però una delle mie peggiori partite. Nei giorni successivi mi ha richiamato in ufficio, mostrandomi una foto del Frosinone. ‘Il tuo livello è questo, non puoi giocare qui. Tu con me non giochi più‘. Mi è crollato il mondo addosso”.
Oggi Castan è tornato in Brasile, dove studia per diventare allenatore. Non ha smesso di amare il calcio: “Mi piace sentire l’odore dell’erba, entrare in contatto con i ragazzi. C’è un’altra vita nel calcio per me”. Un messaggio forte, da uomo prima che da calciatore: si può rinascere, anche dopo aver visto il buio.
