La Penna degli Altri

Il Palermo e quella Coppa Italia persa quando sembrava già conquistata

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(REPUBBLICA.IT di Salvatore Geraci – Foto WIKIPEDIA)

Il sito di Repubblica racconta la sfortunata finale di Coppa Italia persa dal Palermo di Barbera nel 1974. Ecco un estratto.

[…] Era l’inizio di una passeggiata sulla luna del calcio, la prima finale di Coppa Italia del Palermo, contro il Bologna, dopo avere eliminato perfino la Juventus. […] Ventimila al seguito della squadra, quarantasei anni fa, per accarezzare un sogno impossibile perché fino a quel drammatico e indimenticabile 23 maggio del 1974 i rosa avevano più sofferto che vinto. […] Renzo Barbera apriva una nuova era con un tecnico esuberante, il quarantaquattrenne Corrado Viciani. […] Sfidò l’Italia del pallone con il gioco corto («calcio brasiliano alla velocità degli inglesi»), impose metodi di preparazioni durissimi che costringevano i giocatori ad una vita monastica, anticipò l’era del Barcellona: possesso palla, squadra sempre all’attacco, difesa a rischio. Ma un aspetto rendeva Corrado unico: non faceva nulla per accattivarsi la simpatia dei giocatori. […] La notte del 23 maggio […] dopo avere rivisto dai suoi amici in Rai, le azioni incriminate, resosi conto che Savoldi aveva battuto una rimessa che era del Palermo e che il rigore non c’era, si affrettò a rintracciare Arcoleo per dirgli: «Maledetti ci hanno fregato». […] Il suo uno dei più grandi Palermo della storia.

[…] Magistrelli portò in vantaggio i rosa: cross di Favalli, il bomber si alza come un angelo e colpisce di testa. Il Palermo domina e si permette il lusso di divorarsi gol fatti. Magistrelli non si da ancora pace: «La Coppa? Rubata. Uno scippo». […] Pensate: Barbera e i dirigenti erano già in campo per festeggiare! Ma all’ultimo istante… Ero accanto a Renzo, negli spogliatoi. Piangeva e ai giocatori commossi diede ugualmente il premio previsto per il trionfo. Gelido invece con l’arbitro Gonella. Renzo gli regalò un paladino siciliano ma non volle stringergli la mano. Durissimo il suo saluto: «Signor Gonella, questi a Palermo li chiamano paladini o pupi. Oggi, per lei, è soltanto un pupo».

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