"Ho provato a togliermi la vita": viene a galla il dramma dell'ex Milan - Glieroidelcalcio.com (screen Youtube)
"Ho provato a togliermi la vita": viene a galla il dramma dell'ex Milan - Glieroidelcalcio.com (screen Youtube)
Nel mondo del calcio, le luci accecanti dei riflettori spesso nascondono drammi che poco hanno a che fare con gol, trofei o contratti milionari.
Spesso la cronaca sportiva si concentra su ciò che accade sul prato verde, sul campo di gioco, trascurando le battaglie più intime e dolorose che si consumano lontano da tifosi e telecamere. Eppure nel cuore di molti protagonisti del calcio – siano essi campioni affermati o figli di leggende – si celano ferite profonde. Negli ultimi anni, il calcio ha visto emergere vicende che hanno scosso le coscienze: l’incubo delle malattie tra i calciatori, i tentativi di far fronte a dipendenze, depressione e pressioni familiari e mediatiche. E, non di rado, ciò che resta nascosto è molto più devastante di un risultato sportivo negativo o di una sconfitta storica.
In famiglia, la vita può riservare rovesci ben più crudeli: basta un solo momento di rottura per far precipitare chiunque in un abisso di disperazione. È in questo contesto che la parola “dramma” assume un peso insopportabile, perché riguarda bambini e adolescenti che si trovano impreparati a gestire le proprie emozioni e, travolti da situazioni delicate, possono finire per compiere gesti estremi. Non serve ricoprire maglie prestigiose o calcare palcoscenici internazionali: è la fragilità umana a gridare. Ed è proprio a questo dolore che bisogna dedicare attenzione e rispetto, perché a volte la lotta più ardua si gioca lontano dal campo.
Achille Costacurta, figlio di Billy Costacurta e Martina Colombari, ha rotto il silenzio in un’intervista rilasciata a Repubblica, raccontando una storia di devastante sofferenza e, allo stesso tempo, di rinascita. Nell’adolescenza, il giovane ha attraversato momenti che nessuno dovrebbe conoscere: “Ho provato a togliermi la vita a 17 anni… con sette boccette di metadone. L’equivalente di 40 grammi di eroina. Nessuno sa spiegarsi come io sia ancora vivo”. Il percorso è stato segnato da un TSO e addirittura un’esperienza nel centro penale minorile di Parma: “Ci ero finito a 15 anni per due coltelli trovati nell’armadietto di scuola”. Achille dipinge un quadro di quella realtà spietata, in cui perfino il fumo era disciplinato: “Mi permettevano dieci sigarette al giorno e appena non ti presentavi a colazione, te ne toglievano una”. E quando chiede pazienza per finire una sigaretta, racconta – un agente mi ha spezzato la sigaretta davanti al viso, gli ho sputato e mi hanno preso a schiaffi in una stanza. Ero solo un ragazzino.

È stato però un viaggio in Sicilia – più precisamente a Mondello – a risvegliare in Achille quella voglia di vivere: “Milano mi metteva ansia, avevo bisogno di cambiare aria. In Sicilia la gente non giudica. Ti tende la mano, ti accoglie… Mi ha aiutato”. Oggi, grazie a un duro percorso di riabilitazione, dichiara di essersi lasciato alle spalle le dipendenze: “Non tocco droghe, sto bene e ho recuperato il rapporto con i miei genitori. Prima litigavamo ogni giorno, ora siamo uniti. Se torno tardi, li chiamo”.
