Roberto Baggio, rivelazione scottante: "L'ho capito dopo anni" - Glieroidelcalcio.com (screen Youtube)
Roberto Baggio, rivelazione scottante: "L'ho capito dopo anni" - Glieroidelcalcio.com (screen Youtube)
Roberto Baggio non ha bisogno di presentazioni. Campione in campo, uomo umile nella vita quotidiana. Il recente annuncio però ha spiazzato tutti.
Parlare di Roberto Baggio significa evocare uno dei talenti più luminosi della storia del calcio italiano. Il Divin Codino è stato un campione capace di trascendere le maglie indossate, lasciando un segno indelebile in ogni città che lo ha accolto. I suoi numeri lo raccontano meglio di qualsiasi aggettivo: più di 300 gol in carriera, 205 reti in Serie A, 27 gol con la Nazionale, tre Mondiali da protagonista e un Pallone d’Oro che ha suggellato la sua grandezza tecnica e umana. Dalla Fiorentina alla Juventus, dal Milan all’Inter, passando per il Bologna e il Brescia, Baggio ha interpretato il ruolo di numero 10 come pochi, con delicatezza, genialità e una spiritualità che negli anni è diventata parte della sua leggenda.
Oggi vive lontano dai riflettori, seguendo una vita riservata e profondamente coerente con la sua sensibilità. Dopo il ritiro nel 2004 ha collaborato per un breve periodo con la FIGC, ottenuto patenti da allenatore e portato avanti progetti sociali e iniziative giovanili. Non si è mai voluto sedere realmente in panchina, preferendo dedicarsi a un percorso personale più intimo. Ogni sua comparsa pubblica è un piccolo evento, testimonianza di quanto il suo nome sia ancora capace di richiamare emozioni e nostalgia per un calcio romantico che sembra appartenere a un’altra epoca. Ed è proprio dentro questa dimensione di mito senza tempo che si inserisce il retroscena raccontato da Carlo Ancelotti, un episodio che restituisce perfettamente la complessità di un talento così unico.
Il racconto arriva direttamente dalla voce di Carlo Ancelotti, oggi CT del Brasile, che nel podcast The Rest is Football ha ripecrorso gli inizi della sua carriera da allenatore, proprio ai tempi del Parma. In quegli anni, il tecnico emiliano aveva adottato senza deviazioni il 4-4-2, un sistema rigido che secondo lui non si adattava a un numero 10 puro come Roberto Baggio, allora in uscita dal Milan. Ancelotti ha spiegato: “Ho avuto la possibilità di ingaggiare uno dei migliori giocatori italiani dell’epoca: Roberto Baggio. Ma non mi sentivo a mio agio a ingaggiarlo perché non sapevo come inserirlo in squadra. È stato un errore, perché Baggio era un giocatore fantastico”.

L’allenatore, alle prime esperienze, temeva di non riuscire a costruire una struttura tattica capace di valorizzare il talento del Divin Codino. Solo anni dopo, arrivando alla Juventus e trovandosi ad allenare Zinedine Zidane, comprese quanto fosse sbagliato costringere i fuoriclasse dentro schemi rigidi: “Quando sono arrivato alla Juventus e ho trovato Zidane ho iniziato a cambiare. Il sistema non è la parte più importante del lavoro”. Quell’occasione sfumata cambiò le traiettorie di entrambi: Baggio scelse il Bologna, dove realizzò 22 gol in una stagione memorabile, mentre Ancelotti iniziò un percorso di evoluzione tattica destinato a farlo diventare uno degli allenatori più vincenti della storia.
