Storie di Calcio

Simonetta Martellini: “Il triplice “Campioni del Mondo” papà se l’era preparato”

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Simonetta Martellini, figlia del più noto Nando, ha rilasciato una lunga e splendida intervista a Ticino7, allegato a laRegione, in cui ricorda suo padre scomparso nel 2004.

“Mi ricordo che quando papà andava all’estero a seguire l’Italia aveva sempre un pensiero per gli italiani che vivevano in quel Paese, soprattutto quando le cose andavano male. Mi raccontava la frustrazione, la tristezza di queste persone che nella squadra di calcio rivivevano la Patria lontana, e una sconfitta, o un comportamento rinunciatario della Nazionale erano una sofferenza che andava al di là del calcio. Così come, allo stesso modo, quando le cose andavano bene era gioia pura”.

Poi si sofferma su quel triplice “Campioni del Mondo!”, che suo padre pronunciò alla fine di Italia-Germania entrato poi nel patrimonio culturale d’Italia  

“Mio padre ha sempre detto che quella frase gli era venuta spontanea. Ma papà, per quanto persona semplice, umile, è sempre stato un po’ attore. In lui è sempre rimasta, sin da quand’era giovane, la passione della recitazione per diletto. Un minimo di tono recitativo, nelle sue telecronache e nelle partecipazioni televisive, c’è sempre stato. Per come lo conoscevo io, questo papà che per me è stato il migliore del mondo, non come giornalista ma come papà, secondo me il ‘Campioni del mondo!, Campioni del mondo!, Campioni del mondo!’ se l’era preparato. Io ho fatto il suo stesso mestiere e ho avuto la fortuna di avere una scuola in casa, e lui mi diceva sempre: ‘Prepara un inizio e due finali, non necessariamente scritti, ma pensaci; magari non li seguirai, ma tu prepara cento: userai uno, però prepara’. Secondo me, in quella notte prima della finale, ci ha pensato. Uno che ti insegna una cosa così non può non averlo fatto”.

Simonetta Martellini torna al ricordo di quei giorni in cui il papà era in Spagna …

“Ricordo che tutte le volte che chiamava a casa chiedeva: ‘Ma lì, che succede?’. Man mano che l’Italia andava avanti, man mano che si coltivava questo sogno, questa speranza, mio padre era curioso di sapere quale fosse l’atmosfera, il sentire. Papà tornò dalla Spagna il 12 luglio, anniversario di matrimonio dei miei genitori. La prima cosa che fece fu di festeggiare con mia madre […] anticipò il viaggio di ritorno e si presentò con un mazzo di fiori sulla porta di casa. Dopodiché fu travolto dall’entusiasmo collettivo, fu come se avesse vinto anche lui: al tempo aveva il numero sull’elenco del telefono e fu sommerso da un’infinità di telefonate …”

“Mio padre”, prosegue nel racconto la figlia Simonetta, “era di umili origini, però mio nonno era uno dei primi chauffeur di Roma, guidava le auto per i principi Barberini. I miei nonni vivevano sì nella dependance dei domestici, ma nella proprietà dei principi. Papà è cresciuto giocando in cortile con i loro figli e mio nonno, per il quale mio padre era il suo personalissimo principe, facendo i salti mortali con quel lavoro e quello di mia nonna che faceva lavori di sartoria, si piccava di fargli fare la stessa vita dei principi. Papà magari non poteva partecipare alle gite, aveva soltanto un abito, ma i nonni, che mio padre ha sempre portato in palmo di mano, gli hanno permesso di frequentare la scuola più esclusiva di Roma. Credo si debba a questo miscuglio di sensibilità personale e di formazione, e a una combinazione di casualità ed esperienze di vita, il suo essere gentiluomo”.

foto laRegione.ch

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