Sinner senza pace, di nuovo punito: deve dare spiegazioni - Glieroidelcalcio.com (screen Youtube)
Sinner senza pace, di nuovo punito: deve dare spiegazioni - Glieroidelcalcio.com (screen Youtube)
Sembra ormai un vizio e Sinner non ha più pace. L’altoatesino è stato chiamato in causa per l’ennesima volta, di nuovo punito, per le sue scelte.
L’Italia del tennis scrive un altro capitolo memorabile della propria storia recente: per il terzo anno consecutivo gli azzurri approdano alla finale di Coppa Davis, piegando il Belgio con un autoritario 2-0 firmato Matteo Berrettini e Flavio Cobolli. Una vittoria che profuma di continuità, maturità e profondità tecnica, perché ottenuta senza i due giocatori più rappresentativi della squadra: Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, entrambi ai box per ragioni fisiche, programmatiche e personali ormai note. Nonostante le assenze eccellenti, la nazionale di Filippo Volandri ha mostrato un collettivo solido, convinto e compatto, capace di affrontare la pressione con freddezza e di esaltarsi nei momenti decisivi. Berrettini, al rientro in Davis dopo mesi complicati, ha ritrovato la versione migliore del suo tennis: servizio incisivo, dritto penetrante e i colpi di martello che sono tornati a battere. Cobolli, dal canto suo, ha confermato la crescita degli ultimi due anni, giocando con coraggio e lucidità una partita da veterano, lasciandosi poi andare a un’esultanza da Hulk (si è strappato la maglietta).
Questo risultato non è solo un passaggio del turno: è il segnale che l’Italia può davvero contare su un parco giocatori profondo, competitivo e in grado di sostenere qualsiasi scenario. I successi degli ultimi anni, con due Davis conquistate, hanno evidenziato una ricchezza tecnica che si estende ben oltre le stelle principali. Eppure, come spesso accade nello sport italiano, la gioia non è stata sufficiente a distogliere l’attenzione da discussioni parallele. Anche dopo la vittoria sul Belgio, sui social e in alcune analisi tecniche si è continuato a parlare di ciò che Sinner non ha fatto, invece di ciò che la squadra ha effettivamente compiuto sul campo. Un riflesso culturale difficile da sradicare: quando gli azzurri vincono, c’è sempre chi preferisce osservare ciò che manca anziché ciò che funziona.
Nel giorno della festa, però, è arrivata anche la voce di Adriano Panatta, che ormai da settimane insiste su un punto: l’assenza di Sinner e Musetti avrebbe potuto cambiare gli equilibri del torneo. L’ex campione del 1976, intervenuto a Treviso durante un evento di padel, ha ribadito un concetto netto: “Noi siamo una squadra forte anche senza Sinner e Musetti, ma con loro probabilmente saremmo stati imbattibili”. Non è una critica fine a sé stessa: è la visione di un uomo che ha vissuto la Davis in un’epoca radicalmente diversa. Panatta ha più volte ricordato il peso storico del torneo, quando la Davis rappresentava la competizione dell’anno, il punto fermo attorno a cui ruotava l’intera programmazione dei tennisti. Non è un caso che l’ex fuoriclasse abbia dichiarato: “Io alla Davis non avrei mai rinunciato, e se qualcuno della squadra l’avesse fatto, sarebbero stati i compagni e il capitano a chiedere spiegazioni nel modo più duro possibile”.

Il tema centrale, però, è un altro: la Coppa Davis di oggi non è più quella di ieri. Le parole di Panatta si scontrano inevitabilmente con la realtà attuale, una realtà che ha perso buona parte dell’identità storica della competizione. Giocatori come Alexander Zverev sostengono che l’attuale format sia un ibrido lontano anni luce dalla Davis tradizionale, definendola “quasi un’esibizione”. Tra fine stagione, viaggi continui, programmazione sempre più serrata e impegni obbligati, è evidente che per molti la priorità non possa più essere un torneo collocato in un calendario esasperante. Sinner, dal canto suo, ha spiegato con limpida onestà la ragione del suo forfait: una settimana di preparazione in più può pesare moltissimo in vista di un 2026 che lo vede tra i favoriti assoluti all’Australian Open.
