Adriano ... l’ultimo “grande” Imperatore
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Storie di Calcio

Adriano … l’ultimo “grande” Imperatore

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La storia di Adriano

Adriano Leite Ribeiro è stato l’ultimo, grande, imperatore del calcio mondiale. Conosciuto dal grande pubblico come Adriano – da non confondersi col famoso Re dell’Impero Romano che regnò dal 117 alla sua morte – nasce a Rio de Janeiro il 17 febbraio 1982. È un’infanzia difficile, un’esistenza a dir poco complessa. Cresciuto nella polvere (quella che non va via vita natural durante e a volte si ripresenta, dopo anni, a chiedere un conto fin troppo salato da pagare) della favela di Vila Cruzeiro, dove i primi residenti erano schiavi neri in fuga dalle colonie, nel quartiere di Penha a Rio de Janeiro. Un luogo dimenticato da Dio, un terreno fertile per il narcotraffico, una delle aree più indigenti e violente della città brasiliana.

Nonostante tutto, il futuro del giovane ragazzino non è stato ancora scritto tra le stelle luminose nella vastità infinita del firmamento dell’universo. Grazie al potere riabilitativo dello sport, nonostante la vita difficile della Favela. Uno su un milione ce la fa in un ambiente così ostile e, per fortuna, c’è il calcio nel futuro del talentuoso ragazzino brasiliano. Agli inizi il calcio di strada e poi quello della squadra della comunità “Ordine e Progresso”. Il giovane ragazzino brasiliano è il “Ragazzo dei popcorn” perché durante le partite è solito mangiare, a bordo campo, richiamato dalla nonna, una padella di popcorn. Chicchi di mais caldi, salati e scoppiettanti come il sole del Brasile che ti bacia in fronte al ritmo di samba e non ti tradisce, mai, nemmeno per la donna col fondoschiena più bello del mondo.

Altri tempi erano quelli dove i sogni erano desideri da bramare col pallone tra i piedi, una Peroni ghiacciata in mezzo alle gambe e una Marlboro light tra le dita ingiallite dal fumo.

La famiglia dell’Imperatore

Il calcio era il nostro Carnevale, buono per tutte le stagioni, nulla di più. Niente di minimamente filosofico. Famiglia che lo supporterà – soprattutto suo padre, Almir – con enormi sacrifici economici, per farlo diventare un calciatore professionista. Il mondo del pallone è pieno di storie difficili da raccontare, soprattutto nel calcio di strada e quello dilettantistico.

Sacrifici ripagati con gli interessi – almeno inizialmente nella primissima fase della carriera – perché Adriano è stato uno degli attaccanti più forti della sua generazione. 

Le aspettative risposte sul ragazzo della Favela sono tante in Brasile e nel resto del mondo; considerato, all’unanimità, la nuova stella del calcio mondiale, il nuovo Ronaldo il “fenomeno”. Inizia a giocare col ruolo di terzino con quel sinistro magico, alla Roberto Carlos, prima di cambiare ruolo e diventare un grande centravanti. Dalla difesa all’attacco, rompendo tutti gli schemi del gioco del calcio; perché solitamente è il contrario per i calciatori mediocri senza un particolare talento. Il giovane ragazzo brasiliano – in questa prima alba dell’esistenza – è come un pugile provetto che si appresta a sferrare il colpo decisivo alla vita della Favela, quello del KO. Questo è il potere dello sport, signori, questo è il calcio. Domani è sempre un altro giorno per un calciatore. Adriano si appresta a vivere in un equilibrio precario in frullatore di emozioni, al cui interno fama e insuccesso, normalità e eccesso, povertà e ricchezza. 

Dotato di un fisico bestiale, 1,89 cm di altezza per un peso forma di 95 kg. Il giovane Adriano è come un treno in corsa che non si ferma mai alla stazione. Nemmeno per fare scendere i passeggeri con il biglietto prenotato da mesi. 

A 16 anni milita nelle giovanili del Flamengo. A 18 anni esordisce in prima squadra con sette marcature in appena 19 presenze all’attivo.

Il ragazzo d’oro del Brasile

È il nuovo ragazzo d’oro del Brasile, il futuro è suo, sei anni più giovane di Ronaldo Luís Nazário de Lima. Quest’ultimo è il calciatore più forte del mondo. L’unico in grado di vincere le partite da solo. Come un certo Diego Armando Maradona. Sul talento brasiliano di belle speranze si piomba l’Inter di Moratti che lo porta all’ombra della Madonnina nell’estate del 2001 in una trattativa lampo che coinvolge il brasiliano Vampeta a sua volta ceduto al Flamengo.

Sembra l’affare del secolo per gli interisti, un giovane prodigio per un calciatore esperto, ormai, a fine carriera. Stagione 2001-2002 all’Inter in attacco c’è tanto grasso che cola e solitamente del maiale non si butta niente nemmeno nella Milano da bere. È un altro calcio – altra era preistorica per i contemporanei adepti alla storia social – dove i campioni fanno a gara per vestire la maglia dei top club italiani. Ci sono grandi attaccanti alla corte di Moratti: Ronaldo, Recoba, Christian Vieri, Hakan Şükür, Nicola Ventola, Mohamed Kallon e, appunto, il giovane Adriano.

Il Presidente dell’Inter, che non bada a spese con l’ossessione di raggiungere gli stessi risultati del padre, Angelo, ha messo tante frecce all’arco del “Hombre vertical” Héctor Cúper. L’allenatore argentino, ora commissario tecnico della Siria, ha soltanto l’imbarazzo della scelta. Héctor Cúper possiede una rara margherita nerazzurra tra i fili d’erba del giardino di San Siro, da sfogliare con cura per strappare il petalo migliore a ogni partita. 

Nella prima stagione all’Inter, Adriano colleziona un misero bottino di otto presenze, condite da una sola marcatura. Il ragazzino è troppo giovane e inesperto per pretendere più spazio nell’Inter, famelica e un po’ pazza, che punta a vincere tutto e subito in Italia e in Europa. Dalla sua parte – non è poco – il ragazzino brasiliano ha soltanto vent’anni.

Dall’Inter alla Fiorentina

È nel pieno della sua migliore gioventù, tuttavia non è pronto a confrontarsi con i grandi campioni della rosa nerazzurra. Adriano deve giocare con più continuità per dimostrare, a tutti, il suo grande e immenso talento.

Il destino dell’ex ragazzo povero della Favela è stato già scritto dall’alta dirigenza nerazzurra. Lontano da Milano; non è un addio, bensì, soltanto un arrivederci come lo è per un giovane universitario che lascia la sua casa comoda per poi, anni dopo, ritornare al paese – da vincente – con l’esperienza di vita e una laurea in tasca. Adriano deve farsi le ossa in Serie A, meglio in provincia, lontano dai ritmi frenetici della grande metropoli, a pochi chilometri da Milano. Viene ceduto in prestito nel mercato invernale, prima a Firenze, dove in 15 partite sigla 6 marcature.

Nonostante la buona stagione del giovane attaccante, in prestito dall’Inter, la Viola retrocede. Adriano, però, non è un giocatore da Serie B e viene ceduto in compartecipazione al Parma. Città tranquilla, universitaria, città del prosciutto crudo e del parmigiano reggiano. La città di Nevio Scala e Malesani, la città di Buffon, Crespo, Thuram, Zola e Cannavaro tra i tanti campioni passati per il capoluogo emiliano. Una città ricca di storia calcistica. 

A Parma arriva un giovane calciatore con un potenziale ancora inespresso: un vulcano pronto a eruttare, da un momento all’altro, lava e zampilli sul mondo del calcio. Un potenziale campione in erba che ha lasciato intravedere, soltanto, una piccola parte delle sue qualità col “golazo” su punizione al Real Madrid. Episodio decisivo per portare a casa il Trofeo Bernabeu; quel gol di pregevole fattura è il preludio di qualcosa di grandioso che si appresta a realizzarsi sotto gli occhi increduli di milioni di tifosi. 

Un artista tormentato

È tipico degli artisti creare dal nulla qualcosa di straordinario ed eterno che rimarrà nella storia. In quella pennellata d’autore, l’ex ragazzo della Favela ci mette tutto il suo immenso talento e quella grandezza tipica della migliore gioventù. È una punizione dal limite, a favore dell’Inter, battuta da Adriano di piede sinistro e da una posizione centrale, dopo una breve rincorsa, a difesa avversaria, chiusa, tutta a protezione del proprio portiere. L’estremo difensore del Real Madrid è battuto, nulla può fare; entra inconsapevolmente nel quadro dell’autore e diventa anch’egli un dettaglio insignificante dell’opera d’arte.   

A Parma, Adriano dà prova di tutto il suo immenso talento. In appena due stagioni segna 23 reti in 37 presenze con la maglia gialloblù, alcune di pregevole fattura e in tutti i modi possibili e immaginabili; Come il goal di tacco segnato contro il Milan il 5 aprile 2003 o come la tremenda sassata di punizione contro il CSKA Mosca. Per caratteristiche fisiche e tecniche, Adriano è un misto tra Ronaldo il fenomeno e, lo svedese, Zlatan Ibrahimovic.

Tecnica sopraffina e un fisico bestiale a supporto del suo talento. Davanti a un campione di tale caratura, Moratti non può fare altro che ammettere a sé stesso di aver sbagliato a lasciarlo andare via troppo frettolosamente da Milano. Tac! Dopo appena due stagioni in Emilia, il Presidente nerazzurro richiama il suo talento alla base, durante il mercato invernale, staccando un assegno di 23 milioni di euro per l’acquisizione del cartellino del forte brasiliano a titolo definitivo. Di fronte a certe cifre da capogiro, sei zeri e passa la paura, il Parma non può fare altro che mollare l’osso; Il Dio denaro vince sempre, senza la necessità del baro di turno.  

Il lento declino di Adriano  

Nonostante le premesse, all’Inter il ragazzo della Favela non sfonderà più per una serie di motivi soprattutto psicologici ed extra calcistici; il più importante, la morte tragica e prematura del padre dopo aver vinto la Copa América nel 2004 da assoluto protagonista.  

Ricevette una chiamata dal Brasile in cui gli dicevano che il papà era morto. Qualcosa che poteva cambiargli la vita per sempre. Lo vidi piangere, scagliò via il telefono e cominciò a gridare che non era possibile (dichiarazioni di Zanetti)” 

Da Roberto Mancini a Mourinho, la discesa dal Paradiso verso gli inferi è veloce, inesorabile, per quel ragazzo nato e cresciuto nella miseria della Favela. 

La morte di mio padre mi ha distrutto” 

La stagione 2004-2005 si chiude con un discreto bottino di realizzazioni, 16 marcature in campionato di cui una rimarrà nella storia del calcio, il celebre coast to coast contro l’Udinese. Un’altra opera d’arte del nuovo millennio – un assolo di coscienza – lasciata in eredità alle future generazioni, oggi, orfani dell’Imperatore. Tuttavia, i problemi di dipendenza dall’alcool, le amicizie sbagliate e il male del secolo – la depressione – diventeranno sempre più ingombranti nella vita del ragazzo, purtroppo, compromettendo le performance sportive del campionissimo brasiliano. 

Arrivavo ubriaco agli allenamenti

Adriano penserà addirittura al gesto più estremo di tutti, il suicidio; soltanto l’amore incondizionato per la madre lo salverà da un destino – forse – già scritto dalle divinità del calcio.   

A venticinque anni viene ceduto in prestito al San Paolo, sperando di recuperarlo grazie all’aria di casa, ritorna nuovamente all’Inter dopo una sola stagione, infine al Flamengo. Praticamente la carriera di Adriano in Europa è finita, a soltanto venticinque anni, nel pieno della maturità fisica e tecnica per un calciatore, nonostante una breve parentesi a Roma dove colleziona la miseria di 5 presenze. 

La sconfitta più grande

Non siamo stati capaci di tirarlo fuori dal tunnel della depressione. Questa è stata la nostra sconfitta più grande (Javier Zanetti)”. 

Nel 2016 l’ex ragazzo d’oro della Favela lascia il calcio giocato dopo appena una presenza col Miami United Football Club. In 376 presenze con le maglie di vari club, in giro per il mondo, sono 171 le reti messe a segno dall’ex campione brasiliano. Con la Nazionale verdeoro le marcature sono 27 in 48 presenze tra le partite ufficiali e quelle amichevoli. Quattro volte campione d’Italia con l’internazionale di Milano (2005/2006-2006/2007-2007/2008-2008/2009). Due volte vincitore della Coppa Italia (2004/2005-2005/2006) e tre volte della Supercoppa italiana (2005/2006-2006/2007-2008/2009) sempre con la maglietta nerazzurra. Due campionati brasiliani vinti col SC Corinthians Paulista (2011) e Clube Regatas Flamengo (2009). Con la Nazionale verdeoro ha vinto una Coppa America in Perù (2004) da assoluto protagonista con 7 reti, risultando il miglior marcatore del torneo. 

Adriano è tornato a casa a respirare quella polvere d’oro, questa volta, tipica dell’infanzia. Gli odori e i sapori caratteristici di casa. I posti del cuore frequentati – anni prima – col padre, gli amici d’infanzia e con la sua amata nonna. Egli è tornato a rivivere il presente con la consapevolezza di un solido passato alle spalle. Ha ritrovato quel senso di appartenenza perduto dopo il trasferimento in Europa. Adriano è tornato a casa, buttandosi alle spalle il passato, per non sentirsi più un ragazzo triste in un posto qualsiasi e sperduto del Mondo.  

Adriano oggi… 

Vive in Brasile, a Rio de Janeiro. Nella sua terra si gode la ricchezza tra un drink ad alta gradazione alcolica – brindando a un passato glorioso dove egli ha regnato incontrastato sul calcio mondiale – e un ballo fuori tempo in piscina, come spesso si vede nelle storie Instagram dell’ex campione brasiliano. Forse un grande talento sprecato, probabilmente una grande sconfitta per tutti gli adepti al Dio crudele del pallone, ma per lo scrivente – suo suddito fedele – Adriano è stato l’ultimo “grande” Imperatore del calcio mondiale. 

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