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Astutillo, il calciatore che ha deciso prima di essere uomo

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[…] Malgioglio è un bravissimo portiere. A 19 anni il Brescia lo acquista dal Bologna e lui gioca come fosse Cudicini. Titolare fisso, contribuisce alla promozione in Serie A dove Tito fa percorso netto: 30 partite su 30, a 22 anni sembra molto, molto più grande della sua età. Ma grande lo è davvero, Astutillo: e nemmeno lui sa ancora quanto (e perché). Tito è fidanzato con Raffaella e un giorno, a Brescia, decidono di visitare un centro per ragazzi disabili: ne escono turbati. “Mi impressionò la loro emarginazione, lo stato di abbandono ma soprattutto il menefreghismo della gente. Per me fu un pugno nello stomaco. Così parlai con Raffaella e decidemmo che non saremmo rimasti con le mani in mano. Ci mettemmo a studiare, acquistammo i macchinari e aprimmo a Piacenza un centro per la riabilitazione motoria dei bambini cerebrolesi”. Astutillo Malgioglio comincia la sua seconda vita: quella del calciatore che nel tempo libero smette la divisa e veste i panni dell’educatore di bambini disabili […]

Poi il passaggio alla Roma, “Malgioglio gioca poco ma è contento: Liedhlom gli ha messo a disposizione il centro di Trigoria per continuare il suo lavoro sui bambini disabili e Di Bartolomei, il capitano, non manca mai d’invitarlo alle visite ai bambini malati del Bambin Gesù. […]

[…] Gigi Simoni, a quel tempo allenatore della Lazio, che per tornare in Serie A vuole a tutti i costi Malgioglio tra pali. Tito ha 27 anni, alla Roma è riserva da due stagioni, Liedholm se n’è andato (lo ha sostituito Eriksson) e decide di accettare. Firma per la Lazio. Ed è l’inferno. “Sporco romanista, sei il primo della lista”, si sente dire. E ancora: “Se stai sempre con gli handicappati, quanno ce pensi ar pallone?”. Anche Raffaella ed Elena, la loro bambina, sono vittime di continue aggressioni. E poi succede: si gioca Lazio-Vicenza, Malgioglio non è in giornata, la Lazio perde 3-4 e Tito, che per tutta la partita è stato insultato, legge quello striscione, “Torna dai tuoi mostri”, e si disconnette: toglie la maglia, ci sputa sopra, la getta ai tifosi […]

Poi l’Inter e Trapattoni […] “riceve una telefonata: è Trapattoni. Che sta iniziando la sua avventura all’Inter ma è in cerca di un secondo per Zenga e ha pensato a lui, al portiere più diseredato del momento. “Vorrei che venissi perché il calcio ha bisogno di persone come te”, sono le parole che Tito si sente dire. Così Malgioglio va all’Inter, dall’86 al ’91, i cinque anni targati Trap che semplicemente aveva aggiunto: “Potrai fare il calciatore e l’educatore”. Con gli ingaggi e i premi dell’Inter, il centro per i bambini disabili prende ulteriore impulso. “Credo sia stato Dio a mettere quell’uomo sulla mia strada: e in quel momento, poi!”, dice oggi Malgioglio. Che ricorda: “Durante i ritiri, la sera, Trapattoni aveva l’abitudine di fare il giro delle stanze per dire una parola a ciascuno di noi. A volte entrava nella mia, si fermava sulla porta e si metteva a piangere. Non diceva niente, ma in realtà mi parlava. Era un uomo che viveva per il calcio e per il lavoro ma che sapeva che nella vita c’è molto altro. […]

Articolo pubblicato il 16 luglio 2019, Il Fatto Quotidiano

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