Rino Gattuso perde la testa in campo (Foto IG @rino.gattuso.official - glieroidelcalcio.com)
Rino Gattuso perde la testa in campo (Foto IG @rino.gattuso.official - glieroidelcalcio.com)
Rino Gattuso, oggi alla guida della Nazionale, protagonista di una lite furiosa in campo, i tifosi sono allibiti.
L’ex centrocampista del Milan, diventato nel tempo uno dei simboli della grinta e della determinazione italiana, non ha mai nascosto il suo carattere focoso. Anzi, è proprio quella passione incontenibile che gli è valsa il soprannome di “Ringhio”, una definizione che, senza ombra di dubbio, gli calza ancora a pennello.
Eppure, stavolta si è sfiorato davvero qualcosa di grave, qualcosa che ricorda i tempi in cui Gattuso, in campo, era capace di trasformare ogni contrasto in una questione personale. Durante i suoi anni da giocatore, Gattuso ha incarnato lo spirito battagliero che ogni tifoso vorrebbe vedere nella propria squadra.
Tuttavia, non sempre quell’energia è stata incanalata nel modo giusto. E a riportarlo alla ribalta in questi giorni non sono state le sue scelte tattiche o le prestazioni della Nazionale, ma le parole di Joe Jordan, ex attaccante scozzese di Milan e Verona negli anni Ottanta. Un’intervista, la sua, che ha riaperto un capitolo piuttosto acceso della carriera di Gattuso, risalente al 2011, quando “Ringhio” vestiva ancora la maglia rossonera e Jordan sedeva sulla panchina del Tottenham come vice allenatore.
Durante quella sfida di Champions League, infatti, accadde qualcosa che nessuno ha dimenticato. Gattuso, visibilmente nervoso, perse completamente il controllo dopo una serie di scontri di gioco particolarmente duri. A fine partita, l’episodio che segnò quella serata: un faccia a faccia rovente tra lui e Jordan, arrivato dopo un’espulsione che aveva già fatto traboccare il vaso. I due si affrontarono a muso duro, con Gattuso che, spinto dalla rabbia, ebbe una reazione esagerata, tanto da rendere necessario l’intervento dei compagni e dello staff per evitare che la situazione degenerasse ulteriormente.

Joe Jordan, ricordando oggi quell’episodio, ha voluto raccontarlo con un tono pacato ma fermo: “Penso che lui abbia perso un po’ la testa: era stato espulso, doveva uscire dal campo, mi passò davanti e ci fu un faccia a faccia. Per nessuna ragione avrei permesso si andasse oltre. Come giocatore, quando sei in preda alle emozioni, puoi fare cose di cui poi ti penti, ma da allenatore devi avere sempre disciplina. Sono sicuro che adesso che è allenatore anche lui la pensa allo stesso modo. Per me comunque era già tutto finito dopo la partita”.
Parole che, in fondo, raccontano molto di Gattuso, un uomo che ha fatto del cuore e dell’istinto le sue armi migliori ma che col tempo ha imparato, forse, a domarle. Oggi, da commissario tecnico della Nazionale, quella stessa passione la canalizza per guidare i suoi giocatori, trasformando la furia in energia, l’impeto in leadership. Certo, il carattere resta, e probabilmente non cambierà mai, ma è proprio in questo equilibrio tra fuoco e controllo che si misura la grandezza di un allenatore. E Gattuso, nel bene e nel male, continua a dimostrare di essere unico, sempre fedele a se stesso, nel trionfo come nell’errore.
