Gianluca Pessotto: un sognatore con un Rosario in mano
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Gianluca Pessotto: un sognatore con un Rosario in mano

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La storia di Gianluca Pessotto

“Con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra e l’intelligenza che si vincono i campionati”. Lo sostiene, Air JORDAN, uno dei più grandi cestisti della storia del basket mondiale. Il calcio offre tanti modelli di calciatori che hanno messo in campo grande ingegno e spirito di gruppo. Una menzione particolare merita – sicuramente – Gianluca Pessotto, l’ex terzino sinistro della Juventus. È sufficiente scorrere il ricco palmares del calciatore friulano per capire che l’affermazione di Sir. Michael Jordan è assolutamente vera. Vincere è possibile per chiunque abbia l’intelligenza di superare i propri limiti tecnici, fisici e mentali. Nella bacheca di Pessotto c’è un bottino di inestimabile valore da nascondere sotto il miglior albero del giardino dei ciliegi. 

Un campionato di Serie C2 vinto con il Varese (1989-1990), 4 Campionati di serie A, 4 Supercoppe italiane, 1 UEFA Champions League, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Supercoppa UEFA e 1 Coppa Intertoto UEFA. Ben dodici trofei conquistati con la maglia della Juventus cucita sulla pelle dal miglior sarto, in circolazione, sulla piazza del calcio italiano; la mitica casacca, a strisce bianconere, indossata da campionissimi del passato come lo sono stati Boniperti, Omar Sivori, Gaetano Scirea, Paolo Rossi, Marco Tardelli e Michel Platini. Uomini della provvidenza, bastoni della vecchiaia e fari abbaglianti nel cammino luminoso della Vecchia Signora perché chi veste la maglia della Juventus diventerà juventino, dentro e fuori, finché morte non lo separerà da quel feticcio materiale.

Gianluca Pessotto porterà, con grande dignità e fede calcistica, la maglia pesante di un certo Antonio Cabrini che è stato il campione del Mondo ’82 e uno dei terzini italiani più forti di tutti i tempi. 

Essere un atleta della Juventus…

La vita è dura per un atleta della Juventus perché una lunga storia di successo peserà, per sempre, sulle gambe di un calciatore bianconero. Perché nel DNA della Juventus c’è la vittoria come unica ragione di vita. “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”, come ha precisato, Giampiero Boniperti, l’ex calciatore e Presidente della Juventus. Vittoria o niente. Tutto il resto non conterà nulla perché la Juventus ha sposato, a pieno, l’antica teoria dell’evoluzione dei club vincenti di calcio di tutti i tempi. Real Madrid, Barcellona, Milan, Liverpool, Bayern Monaco e, appunto, Juventus. Nello sport nessuno ti regala niente. E’ la prima regola d’oro. Perché i bla, bla, bla nel mondo del calcio – come nella vita in generale – conteranno sempre come uno zero a zero, senza emozioni, tra la prima e l’ultima in classifica. 

“Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta.” Eppure, nonostante il grande successo in carriera, c’è qualcosa che non tornerà nella storia umana di Gianluca Pessotto, ma ci ritorneremo più avanti. Protagonista assoluto della finale di Champions League 1995-1996 vinta 4-2 ai rigori contro l’Ajax. Gianluca Pessotto è il titolare inamovibile di una delle squadre più forti della storia bianconera. Di seguito, la formazione titolare della Champions League; serata durante la quale Gianluca Pessotto e i suoi compagni – con allenatore Mr. Lippi –  hanno fatto la storia del calcio italiano e mondiale: Peruzzi, Ferrara, Pessotto, Torricelli, Vierchowod, Paulo Sousa, Deschamps, Conte, Vialli, Del Piero, Ravanelli.

Pessotto è un terzino affidabile, molto duttile, capace di giocare su entrambe le fasce di gioco. Piede destro educato, gioca sulla fascia sinistra. Undici reti siglate in carriera. Fisico compatto per un’altezza di 1,73 cm. Agile ed esplosivo, abile nel cross, veloce nel breve e nel lungo. Un calciatore molto generoso che corre anche per gli altri.

Gianluca Pessotto: tutti gli allenatori lo apprezzano…

Apprezzato da tutti gli allenatori. Gianluca Pessotto è il prototipo perfetto del terzino sinistro della vecchia scuola italiana; quella che – anni fa -sfornava, a regola d’arte, un terzino sinistro dietro l’altro. Da Facchetti a Cabrini, Nela, Tassotti e Maldini, fino ad arrivare a Pessotto. Gianluca sarebbe da prendere ad esempio tra i campetti di periferia dove l’erba si fa spazio, a fatica, tra le crepe dell’asfalto consumato dal sole e dalla pioggia; un modello concreto da esportare nelle scuole di calcio, dove la sete è tanta per un giovane calciatore. Classe 1970. Gianluca Pessotto fa parte di una generazione affamata di pallone. Negli anni ‘70 e ’80, il calcio era principalmente praticato in strada. Quella era una generazione di ragazzi alla ricerca di una sensazione di libertà che si prova soltanto calciando un pallone in aria, fuori dal campo visivo dello sguardo, a perdersi nello spazio e nel tempo. 

Pessotto è stato un calciatore molto corretto in campo. Pochissimi cartellini rossi ricevuti in carriera. Un leader silenzioso e informale. Un umile predicatore di calcio nel deserto con i capelli corti, dorati dal sole, come quelli di un modesto monaco francescano; un leader silenzioso senza i gradi sul petto e con una piastrina di riconoscimento al collo: quella del terzino sinistro. Fuori dal rettangolo di gioco, Pessotto, è l’anti star per eccellenza; un sopravvissuto alla fama e al successo tipico della gabbia dorata del mondo del calcio. Un antidivo con una laurea di Economia in tasca. Un uomo appassionato di arte e letteratura. 

Un ragazzo sensibile

Eppure, il successo, la fama, il denaro, i titoli messi in bacheca con la Juventus, la società e la materia – spesso vile e tentatrice – non lo cambieranno come calciatore, ma soprattutto come uomo. Dentro di sé, Gianluca, coltiverà quell’angoscia tipica degli uomini troppo sensibili e intelligenti per essere compresi dal mondo. Il terzino juventino è imprigionato in una bottiglia di vetro portata via dal mare, da un capo all’altro del mondo, tra le onde in tempesta, il garrito del gabbiano e il silenzio assordante dell’Oceano.

Pessotto ha deciso di rifugiarsi, da naufrago, in un’isola deserta dove sopravvivere in un mondo difficile da comprendere a cuore aperto. Gianluca vive la quotidianità con quella sensazione di disagio che logora dentro, efficace e crudele, come una goccia d’acqua che scava una roccia di montagna. Con un rosario in mano, il 22-05-1996, in una notte calda dell’Olimpico, lontano dalle mura amiche, Gianluca Pessotto si dirigerà “solo” nell’area piccola di gioco a battere un calcio di rigore; realizzazione che sarà decisiva per la vittoria della seconda Champions League per la Juventus. Alla fine, i bianconeri sconfiggeranno l’Ajax per 2-4 con i rigori realizzati da Ferrara, Pessotto, Padovano e Jugović. 

Per i lancieri fatali saranno gli errori dagli undici metri di Davids e Silooy. A segno, Litmanen e Scholten. 

Un sognatore con un Rosario in mano

Gianluca Pessotto sarà ricordato dagli Eroi del Calcio come un sognatore con un rosario in mano e un pallone di cuoio tra i piedi. Un uomo, solo, a undici metri di distanza dalla linea di porta. Perché per un terzino sinistro della Juventus non è mai troppo tardi per tirare un calcio di rigore. 

Dalle giovanili del Milan alla Juventus. Durante il lungo viaggio, Gianluca ha fatto tappa a Varese, Massese, Bologna, Verona e Torino. In totale sono 522 le presenze. Undici le reti. 22 presenze in Nazionale, il Mondiale 1998, l’Europeo 2000 perso in finale contro la Francia ai tempi supplementari. 

Di strada ne ha fatta Gianluca Pessotto, il terzino sinistro di piede destro col rosario tra le dita. 

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