Giovannelli si racconta: "Il mio gol nel derby, un colpo di fortuna"
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Giovannelli si racconta: “Il mio gol nel derby, un colpo di fortuna”

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Gli aneddoti di Paolo Giovannelli sul suo rapporto con Ancelotti e sul unico gol nella Roma

Paolo Giovannelli, ex giocatore della Roma, ha raccontato al quotidiano Tuttosport, alcuni aneddoti sulla sua esperienza a Roma ed anche sul rapporto con uno dei suoi ex compagni: Carlo Ancelotti. Ecco alcuni estratti:

Giovannelli ci racconta quella partita?

“Era un Lazio-Roma senza troppe pretese, due squadre non certo da scudetto (i giallorossi chiusero sesti, i biancocelesti finirono in B per il Totonero, ndr), ma il derby nella Capitale vale davvero una stagione. Volevamo prenderci una rivincita e regalare una gioia ai nostri tifosi. Passammo in vantaggio con Pruzzo, loro pareggiarono con D’Amico e a 8 minuti dalla fine, dopo che per tre volte avevamo rischiato di andare sotto, mi passò davanti quel pallone che a giocatori come me capita una sola volta nella vita.

Crossa Benetti da destra, la difesa della Lazio respinge corto, arrivo in corsa e da fuori area di destro metto sotto l’incrocio. Dico sempre che ebbi anche fortuna perché quando la colpisci cosi bene può finire allo stesso modo dove la misi io oppure in curva. Quella Curva Sud sotto la quale ebbi il privilegio di segnare correndo poi a prendermi l’abbraccio della nostra gente.” 

Giovannelli: l’unico gol con la maglia della Roma

Fu però anche il suo unico gol con la maglia della Roma in 40 partite e di altri colpi di fortuna e privilegi non ne ebbe più.  Anzi…

“Mi aveva fatto debuttare, appena diventato maggiorenne, Ferruccio Valcareggi. Grande uomo. Come Liedholm che la settimana prima di quell’iconico derby venne a dirmi che avrei giocato al posto del povero Agostino Di Bartolomei, che si era procurato una microfrattura a un piede. Il destino mi presentò il conto due anni dopo, prima di quello in cui la Roma vinse lo scudetto: mi ruppi il crociato posteriore e all’epoca non c’erano le tecniche di oggi. Restai fuori più di un anno e rientrai solo per far passerella negli ultimi minuti della partita con il Torino con cui festeggiammo il tricolore.

Pensare di prendere il posto di Falcao, Di Bartolomei o Ancelotti era impossibile, ma approfittando della mia assenza nell’anno dello scudetto Valigi giocò una quindicina di partite. Fossi riuscito a farle io, chissà, quel gol alla Lazio avrebbe potuto avere un seguito importante.”

Come visse i giorni seguenti al gol di una vita?

“Avevo solo 19 anni, vivevo a Trigoria, mi tennero lì. Capii solo più tardi la portata di quello che ero riuscito a fare. Mi sono comunque tolto belle soddisfazioni giocando con Pisa, Ascoli e Cesena, pur continuando a non riuscire a piegare completamente la gamba infortunata. Ho giocato per un’altra dozzina d’anni quindi poteva andarmi anche peggio.” 

Il rapporto con Carlo Ancelotti

Giovannelli, il rapporto con Carlo Ancelotti è rimasto sempre intenso, sincero, genuino. Segno che nel calcio possono nascere davvero delle belle amicizie?

“Lui è il numero uno. Non lo dico perché è mio amico o perché è ormai l’allenatore più vincente tra quelli in attività. Dal punto di vista umano ha dei modi di fare con i quali si fa voler bene da tutti. È il suo segreto nel gestire i grandi campioni che allena ormai da anni. In questo ha preso dal Barone. Niels Liedholm era cosi, sapeva sempre come stemperare le tensioni, con una battuta, la parola giusta al momento giusto. Gente che non si è mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno, che sa farsi rispettare con una personalità che gli esce naturale.”

Quindi ormai lei deve essere sempre in tribuna quando Ancelotti gioca una partita importante?

“Lo faccio molto volentieri. È un onore. Mi piace anche vedere come gestisce i rapporti interpersonali dietro le quinte. E poi le sue squadre giocano bene. Non è solo un gestore come dice qualcuno. È un allenatore completo, il migliore.” 

Le rimpatriate con gli ex compagni

Riesce a fare qualche rimpatriata con ex compagni di squadra?

“In spiaggia parliamo di calcio tutti i giorni. Cecina non è Forte dei Marmi o Viareggio, non ci capiti per forze di cose, bisogna venire a cercarmi. Ma qualcuno viene e questo dimostra che ho lasciato qualcosa anche a livello umano oltre che quel gol di cui valeva la pena esserne il protagonista se siamo ancora qui a parlarne dopo 43 anni. Con Ancelotti ci siamo visti anche dieci giorni fa a Roma dove è andata in scena la celebrazione del 40° anniversario del nostro scudetto e di quello del Bancoroma di basket. Una volta venne a trovarmi ai Bagni Olimpia atterrando in elicottero con la sua prima moglie che ora purtroppo non c’è più e che era appassionatadi volo, pilotava lei” 

Fonte: Tuttosport

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