L'addio al Milan è dolorosissimo: Allegri non può farci nulla - Glieroidelcalcio.com (screen Instagram)
L'addio al Milan è dolorosissimo: Allegri non può farci nulla - Glieroidelcalcio.com (screen Instagram)
Per Allegri non bastavano gli addi di Theo Hernandez e Tijani Reijnders, ora il tecnico livornese deve digerire un evento inevitabile.
La stagione 2025/26 del Milan è cominciata con il peso di un’estate intensa, fatta di cessioni dolorose ma anche di investimenti che hanno ridato respiro a un bilancio sempre sotto osservazione. I rossoneri hanno salutato alcuni dei protagonisti più amati degli ultimi anni, a partire da Theo Hernandez, approdato in Arabia Saudita, fino ad arrivare a Tijani Reijnders, passato al Manchester City di Pep Guardiola. Due nomi simbolo di un progetto tecnico che cambia pelle, ma non le ambizioni. In totale, sono state ben sedici le operazioni in uscita che hanno modificato in profondità la rosa affidata a Massimiliano Allegri, il quale si trova ora a dover amalgamare dieci nuovi innesti. Nonostante l’apparente rivoluzione, la dirigenza guidata da Igli Tare ha lavorato per dare al tecnico un gruppo equilibrato, capace di affrontare al meglio una stagione che si preannuncia durissima.
Le prime due giornate hanno restituito un bilancio in chiaroscuro, con una vittoria e una sconfitta, ma è chiaro che il vero Milan si vedrà col tempo, quando i meccanismi saranno più rodati e i nuovi avranno trovato la giusta collocazione. C’è però un altro addio, diverso e simbolico, che accompagna l’avvio di questa annata. Non si tratta di un giocatore trasferitosi altrove, bensì di una scelta che riguarda l’identità stessa della squadra. Per la prima volta in oltre cento anni, una maglia storica e pesantissima resterà senza padrone.
La maglia numero 9 del Milan è stata per decenni un vessillo di grandezza, legata ai gol e ai successi di campioni che hanno scritto pagine indelebili della storia del club. Da Gunnar Nordahl a José Altafini, passando per Van Basten, Weah e Inzaghi, il numero del centravanti ha sempre avuto interpreti di assoluto valore. Indossarla a San Siro significava caricarsi sulle spalle la responsabilità di trascinare la squadra, incarnando l’essenza stessa del bomber. Eppure, negli ultimi dieci anni, la “9” rossonera è diventata quasi un peso. Dal post Inzaghi in avanti, chi l’ha indossata ha spesso deluso: da Matri a Torres, da Luiz Adriano a Piatek, fino a Mandzukic e Jovic. Solo Olivier Giroud, con i suoi gol decisivi e la doppietta in un derby che ha consegnato lo scudetto, è riuscito parzialmente a invertire la rotta.

Con l’addio estivo di Luka Jovic, il Milan si è trovato di fronte a un fatto senza precedenti: la maglia numero 9 resterà vacante. Mai era accaduto in più di un secolo di storia. Un’assenza che sa di rispetto, quasi a voler lasciare decantare un numero che negli ultimi tempi aveva perso la sua aura. Nessuno si è fatto avanti per raccoglierne l’eredità, e forse è meglio così. Perché a volte, anche nel calcio, la storia chiede una pausa e il Milan, alle prese con una nuova era, ha scelto di non forzare il destino della maglia più pesante. In attesa che un nuovo centravanti (Vlahovic?), degno del passato glorioso, possa riportare luce a un numero che ha fatto grande il club rossonero.
