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Libri: “Spettatori – Dagli anni 90 a oggi”. L’introduzione delle pay-tv

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Per la rubrica Libri abbiamo raggiunto e intervistato Fabio Dodaro, autore del libro “Spettatori – Dagli anni 90 a oggi”. 

Un triplo appuntamento, sabato scorso l’intervista e oggi il primo dei due estratti.

Buona Lettura.

Il team de GliEroidelCalcio.com

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Dal 1990 al 2000: l’introduzione delle pay-tv

Il decennio che va dal 1990 al 2000 è stato caratterizzato dall’ingresso delle pay TV nel mondo del calcio.

Analizzando nel dettaglio le presenze di pubblico durante le partite della serie A e rapportandolo alla capienza massima di ciascun stadio, si può notare come l’unica edizione che abbia raggiunto una percentuale prossima al 100%, sia stata quella del ‘91/’92 vinta dal Milan.

Sia San Siro che la maggior parte degli altri stadi, registrarono il tutto esaurito in molteplici occasioni, fatta eccezione per la Lazio che si attestò attorno al 70% rimanendo in linea con le prestazioni deludenti della squadra piazzatasi all’undicesimo posto.

Osservando il grafico si può notare che dopo il picco di presenze, ci sia stato un rapido calo di spettatori e che questo coincida con l’avvento delle pay-tv nel nostro campionato.

Il 1993 sancì il definitivo addio al calcio visibile gratuitamente a causa dell’accordo raggiunto tra la Lega Calcio e l’emittente televisiva Telepiù che prevedeva la diffusione degli eventi calcistici mediante segnale criptato.

Nell’immediatezza, però, l’impatto sui botteghini dello stadio, non fu particolarmente traumatico perché meno del 10% delle partite veniva trasmesso a pagamento (29 su 306 eventi) in virtù dell’obbligo di rotazione tra i club.

La vera rivoluzione avvenne con il lancio della tecnologia satellitare, che consentì a “Telecalcio” di coprire tutti i match del campionato italiano di calcio diventando la prima pay per view.

Per cercare di contenere la “fuga” dagli stadi, inizialmente, furono inserite alcune limitazioni mirate agli abbonamenti televisivi.

La messa in onda della Serie A non era più in mano a un solo soggetto, ma a due corpi giuridici distinti: la Rai che manteneva i “diritti in chiaro” e Telepiù che acquisì quelli riservati a chi, mediante il pagamento di una somma prestabilita, comprava l’accesso ai contenuti.

Il “calcio da stadio” iniziò a diventare sempre meno importante, sostituito da una logica che privilegiava la messa in onda televisiva.

Non ci volle molto prima che i diritti diventassero un business milionario capace di generare un grosso giro d’affari capace di avere un impatto importante nei bilanci delle squadre di calcio e delle stesse istituzioni che le governavano.

Per tre anni, dal ’93 al ’96, la prima pay-tv italiana ebbe la possibilità di trasmettere la Serie A in diretta.

La logica della tv a pagamento aveva “culturalmente” preso il sopravvento sui match da stadio innescando un declino costante del pubblico presente dal vivo.

I dati che ricaviamo vanno analizzati nel dettaglio, perché l’avvento della televisione, non ha avuto lo stesso impatto per tutti i club, alcuni, come il Parma, fecero registrare una netta controtendenza.

La squadra emiliana riuscì a conquistare un quinto e un secondo posto in campionato nelle stagioni 93/94 e 94/95, facendo registrare il tutto esaurito per gran parte del torneo.

Anche i club più blasonati come Juventus, Milan, Inter, Lazio e Roma riuscirono a mantenere una capienza sempre superiore al 77%.

Un inciso breve va fatto per le neopromosse nel 93/94.

La Cremonese fece registrare un ottimo undicesimo posto con lo “Zini” sempre stracolmo.

Stesso discorso si può fare per la Salernitana nella stagione 98/99, i campani infatti, nonostante un quart’ultimo posto che valse la retrocessione, fecero registrare un Arechi sempre gremito con una media spettatori superiore alle 30.000 unità.

Alcuni club sold-out periodo 90/00

Lo svuotamento degli impianti scaturito dall’avvento delle pay TV, pur avendo avuto un impatto importante in alcune piazze, non ha prodotto variazioni decisive in termini di spettatori.

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