28 aprile 1960 - Nasce l'"Uomo" Ragno Walter Zenga - Gli Eroi del Calcio
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28 aprile 1960 – Nasce l'”Uomo” Ragno Walter Zenga

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Eleonora D’Alessandri) – Walter Zenga nasce a Milano il 28 aprile 1960 ed è uno dei pochi fortunati che, partito dalla periferia di questa città, ce l’ha fatta. La sua carriera inizia proprio in Viale Ungheria, nella Macallesi nel 1969, quando falsificò il suo anno di nascita per poter giocare.  Eh sì, perché in quegli anni, se ne avevi meno di dieci, il calcio agonistico non lo potevi fare.

Nel giro di un anno, Walter viene notato dall’allenatore del settore giovanile dell’Inter Galbiati, che lo chiama nei pulcini. Così si realizzarono i sogni di un bambino che viene chiamato dalla propria squadra del cuore. I primi tempi farà anche il raccattapalle a bordo campo, riuscendo anche a stare dietro la porta del suo idolo Bordon.

Zenga mostrò subito le sue doti di paratutto e fu mandato presto a fare esperienza nelle serie minori, prima alla Salernitana, poi al Savona e poi alla Sanbenedettese con la quale verrà promosso in B.

Il suo momento arriva negli anni ’80 quando rientra all’Inter. Nella stagione 1982-1983 grazie a Mazzola, al Mister e a Fraizzoli, esordisce al Meazza contro la Sampdoria, aprendo così la sua carriera da “uomo ragno” e la corsa verso la nazionale. La chiamata arriva nel 1985, quando il commissario tecnico è Azeglio Vicini, il quale gli permette di giocare 58 partite con molte soddisfazioni e qualche amaro ricordo. In quel periodo Zenga è considerato uno dei portieri più forti del mondo e rappresenta in tutto e per tutto gli anni ’80: Re della Milano boriosa, capelli lunghi, catenina fuori dalla maglia, sorriso spavaldo e gomma da masticare in faccia alla stampa e agli avversari. Nel Mondiale di Italia ’90 però arriva la sera che lo perseguiterà per tutta la sua carriera, ed è Caniggia a portarne la firma. Fino alla sera di Napoli era a zero gol subiti, poi quel colpo di testa netto, preciso. Caniggia segna e lui va a vuoto con i pugni sopra la testa dell’argentino e a quella di Riccardo Ferri. Riferendosi a quell’episodio disse che non fu colpa sua, ma di Caniggia che fu più bravo di lui anticipando la sua idea di anticipare. In quelle parole, la volontà di nascondere uno sbaglio.

Forse uno dei suoi più grandi difetti è proprio questo, il non ammettere uno sbaglio. Sempre sorridente e spavaldo. Nessuno gliela perdonò infatti e quell’episodio se lo porterà dietro in tutta la sua carriera. Avrebbe potuto ammettere la colpa come Baggio ai Mondiali del ’94, uscendone da vittima, ma non fu così.

Con l’Inter ha totalizzato 473 presenze e vincerà lo scudetto dei record (58 punti) nel campionato 1988/1989, la Supercoppa e la Coppa Uefa del 1990 contro la Roma e del 1994 contro il Salisburgo.

Poi il passaggio alla Sampdoria per lasciare il posto a Gianluca Pagliuca, anche se in quegli anni ebbe numerosi riconoscimenti. Fu nominato miglior portiere al mondo per 3 volte consecutive dall’IFFHS dal 1989 al 1991, miglior portiere ai Mondiali di Italia ’90 ricevendo il pallone di gemme che mise poi all’asta per finanziare il Telefono Azzurro.

Zenga è stato un portiere che non amava i rigori, piuttosto privilegiava il volo, morbido, perfetto, ad effetto, restare in porta ed aspettare l’avversario.

Ha vissuto anche un lungo dualismo in nazionale con Tacconi. Da una parte uno con lo sponsor Misura e il caschetto, dall’altra Ariston e gel nei capelli.

Un atleta mai domo, sia in campo che nel rapporto con i tifosi. Nel 1994, dopo l’ultima con l’Inter scrisse una lettera al suo pubblico, letta in diretta su TeleLombardia dalla moglie Roberta Termali, che diceva “Cari tifosi… Immagino i vostri brutti pensieri soprattutto nei confronti della vecchia guardia… uomini che vi hanno regalato gioie, salvato tante volte la squadra e che ora buttate via come oggetti… Tutto quello che hanno fatto non serve più a nulla. Così, con le vostre inutili parole, otterrete probabilmente il risultato di allontanarli da una squadra che hanno contribuito a fare grande e che senza di loro non sarà mai più la stessa” (dalla sua biografia “Uno di Voi” scritta nel 2001 insieme a David De Filippi).

L’addio vero ci sarà dopo una partita perfetta contro il Salisburgo, con i cori che cantavano “Zenga, Zenga, c’è solo un Walter Zenga”. Fu quasi un risarcimento, anche se in quel momento il suo passaggio alla Sampdoria era stato già decisa. Ottavio Bianchi gli preferì Pagliuca, che arrivò a Milano, mentre Zenga andava a Genova e poi a Padova. Così nel 1997 si trasferisce in America, prima a Boston e poi a difendere per un anno la porta del New England Revolution, squadra che allenerà l’anno seguente. Con gli americani totalizza 22 presenze, saltando dieci partite per un intervento al ginocchio sinistro. Il 16 gennaio 1998 si ritira dal calcio. È proprio in America che studia da allenatore e si forma in questo ruolo. Tenterà una prima esperienza con il Brera in serie D, poi il vuoto che si riempirà con la sua partecipazione come postino al programma televisivo “C’è Posta per Te” di Maria De Filippi.

Nel 2002/2003 allena la FC National Bucaresti e nell’anno successivo l’FC Steaua Bucarest con il quale vince il campionato, per poi passare l’anno successivo ancora alla Stella Rossa di Belgrado vincendo un campionato Serbo Montenegrino e una Coppa Nazionale senza prendere neanche un gol in casa. Nel 2006 diventa poi allenatore del Gaziantepspor in Turchia.

Torna di nuovo in Italia nel 2008 subentrando a Baldini sulla panchina del Catania, con l’importante obiettivo di centrare la salvezza, che gli riesce permettendogli di rimanere ancora una stagione per passare poi al Palermo nel campionato 2009/2010. Gli anni successivi sono quelli degli arabi dell’Al – Nassr di Ryad in Arabia Saudita, poi l’Al-Nasr di Dubai e Al-Jazira negli Emirati Arabi. Dopo una breve parentesi in Italia per allenare la Sampdoria nel 2015, tornerà ancora negli Emirati Arabi da dove nel 2016 si sposterà in Inghilterra per allenare il Wolverhampton, club di seconda divisione inglese, dal quale viene esonerato poco dopo. Poi arrivano Crotone e Venezia.

Attualmente è in attesa del debutto sulla panchina del Cagliari.

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Romana e romanista di nascita, trasferita in Friuli Venezia Giulia per sbaglio. Una laurea in scienze della comunicazione, un lavoro come responsabile marketing e un figlio portiere mi riempiono la vita. La mia grande passione è il calcio, la sua storia e tutto quello che ne fa parte.

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