ESCLUSIVO - Intervista a Fulvio Collovati: "Liedholm? Un precursore del calcio collettivo" - Gli Eroi del Calcio
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Le Interviste degli Eroi

ESCLUSIVO – Intervista a Fulvio Collovati: “Liedholm? Un precursore del calcio collettivo”

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)

Un campione del mondo, uno degli stopper più forti che il calcio italiano abbia mai avuto

Fulvio Collovati, il terzo campione del mondo del 1982 (dopo Selvaggi e Bordon) che ho l’onore di raggiungere per la rubrica Le Interviste degli Eroi.

Anche se la sua carriera è costellata di successi e grandi squadre, parto con gli inizi del bambino friulano che corona il suo sogno di calciatore“Si parla più di 50 anni fa, ormai. Un calcio dove esistevano ancora l’oratorio e i campi di periferia. Io abitavo in provincia di Milano e praticamente sono stato selezionato in un oratorio. Al tempo succedeva che ti chiedevano di andare a giocare per la squadra del paese. Mi prese il Cusano Milanino che aveva un gemellaggio con il Milan e andai nel settore giovanile rossonero. A quel tempo, se eri bravo, ti davano la possibilità di giocare in Serie A”.

Una volta avevo letto da qualche parte che fosse stato Trapattoni a selezionarlo da bambino e che Nereo Rocco avesse avuto un ruolo importante nelle giovanili di quel Milan. Chiedo conferma o smentita … “Aveva la finestra che dava sul campetto di allenamento dove ci allenavamo, ma non è che Trapattoni mi abbia scelto. Il Cusano aveva sfornato parecchi giocatori come Pierino Prati e Lele Oriali. Un settore giovanile di ottimo livello. Io cominciati a giocare quando Rocco era ancora allenatore della prima squadra e lui veniva a vedere noi giovani. Ebbi la fortuna nel 1976, a 19 anni, di averlo anche in prima squadra quando esonerarono Pippo Marchioro (l’allenatore che mi aveva fatto esordire). Era di poche parole, sempre propenso alla battuta e alla pacca sulla spalla. Rocco e Bearzot, entrambi friulani, erano allenatori che parlavano con la squadra, si confrontavano quotidianamente. Sedevano sempre a tavola con i calciatori”.

Poi l’esordio con i grandi, passando prima da due finali del Viareggio perse e giocate da assoluto protagonista … “Con il Milan arrivammo in finale contro il CSKA di Sofia e contro la Sampdoria e perdemmo entrambe le volte. Io vinsi, un anno, il titolo di miglior giocatore del torneo. C’era anche Franco Baresi in quelle giovanili. Ricordo che, a 18 anni, andai dal direttore sportivo Vitali per sapere dove mi avrebbero mandato l’anno seguente. Lui mi disse che non mi avrebbero mandato da nessuna parte perché Marchioro mi voleva tenere. Nel ’76 mi fece giocare titolare dalla prima giornata”.

Nel ’79 lo Scudetto della stella con Liedholm“L’ultimo anno di Rivera, con il quale avevo giocato anche nei tre anni precedenti. Liedholm è stato un maestro. Non aveva voglia di tornare a casa dopo l’allenamento e allora, anche se era buio, ti insegnava l’applicazione con pazienza. Calcio di destro, di sinistro e lui crossava. Quell’anno noi non eravamo uno squadrone però giocammo un calcio collettivo. Tutti segnarono, non ci fu la punta da 20 gol. Chiodi ne fece 9, Bigon 13, Maldera 11, io tre. Il barone è stato un precursore del calcio collettivo”.

La storia d’amore tra il Milan e Collovati si conclude dopo il Mondiale spagnolo, con il mitico stopper che lascia i rossoneri da capitano … Dopo la prima retrocessione io giocavo al sabato con la nazionale e la domenica in B. Una volta feci 3 partite in 24 ore. Quando retrocedemmo la seconda volta, Bearzot mi disse che così non sarebbe più potuto andare avanti e, d’accordo con la società, mi misero sul mercato. Io sono sempre stato tifoso di Rivera e coronai anche il mio sogno. A me piaceva giocare a calcio, all’oratorio giocavo mezzala. Liedholm mi diceva: «Non buttare mai la palla in tribuna. Che vergogna per un difensore!»”.

Parentesi in nerazzurro tra le più importanti della monumentale carriera di Collovati. Quattro anni, grandi calciatori ma una squadra che non riuscì mai a vincere qualcosa di importante“E’ il mio cruccio non aver vinto niente con una squadra fortissima come quell’Inter. Non riesco a darmi una spiegazione. Avevamo Bergomi, Ferri, Bagni, Oriali, Serena, Altobelli, Rummenigge. Arrivavamo sempre secondi, terzi oppure ci fermavamo alle semifinali. Rummenigge era un leone, un trascinatore, che però arrivò in Italia con qualche problemino fisico”.

Poi due anni di Roma passando per l’Udinese  e poi il fortissimo Genoa di inizio ‘90“La Roma non voleva spendere tutti i soldi del cartellino, così mettemmo la clausola che sarei andato 6 mesi all’Udinese prima di passare in giallorosso. Meravigliosa esperienza. Il primo anno arrivammo terzi, ma erano gli anni di Maradona e del Milan di Sacchi.  Il mio Genoa è stato il migliore Genoa del dopoguerra. Quarti in campionato e l’unica italiana in grado di espugnare l’Anfield. Un Liverpool fortissimo, con 30-40.000 persone che cantavano nonostante la sconfitta. Una partita magnifica. Andammo in semifinale contro l’Ajax e perdemmo. Equivaleva ad una Champions di adesso. Nel mio Genoa c’era Branco, Skuravyi, Caricola, Signorini. A Genova mi volle il professore Scoglio. Mi sono trovato benissimo con lui, mi ha fatto ritornare la voglia di giocare”.

Capitolo Nazionale con l’Europeo casalingo ed il mitico Mondiale ’82 … Ci hanno scippato la finale dell’Europeo. Ci fu un fallo di mano non fischiato in area dopo uno scambio tra Rossi e Bettega e per la differenza reti non andammo alla partita decisiva. Abbiamo subìto solo un gol nella partita per il terzo posto. Nell’esperienza spagnola cambiò tutto dopo la partita con il Brasile. Le prime tre furono in salita, con tante critiche nei nostri confronti. Quando pescammo il gironcino con Brasile e Argentina, Bearzot ci disse: «Vabbè, male che vada torniamo a casa». Senza pressione riuscimmo ad esaltarci. I brasiliani prima dell’incontro ballavano e cantavano nel pullman, alla fine erano silenziosi. Ci hanno un pò sottovalutato. Prima della finale eravamo convinti di vincere. Avevamo rispetto per i campioni d’Europa della Germania ma, alla fine del primo tempo, dopo il rigore, Bearzot ci disse: «Stiamo meglio di loro, siamo più forti».

Concludo con l’avversario ed il compagno più forti … Trevor Francis come avversario e Gianni Rivera come compagno”.

Grazie Fulvio.

 

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Classe '83, viaggiatore instancabile ed amante del calcio e dello sport tutto. Una Laurea in Comunicazione, una tesi sul linguaggio giornalistico sportivo degli anni '80 ed una passione per il collezionismo, soprattutto quello inerente la nazionale italiana. Alla sua attività turistica, associa collaborazioni con giornali del mondo travel. Testata preferita: GLIEROIDELCALCIO.COM"

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