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La Penna degli Altri

Istvan Nyers, l’apolide dal sinistro magico, primo grande straniero interista

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SPORTHISTORIA (Giovanni Manenti) – Chissà se si sia ispirato proprio a lui il celebre cantautore Vasco Rossi, di nota fede interista – che quando nasceva, giovedì 7 febbraio 1952, stava compiendo il suo proficuo lavoro con la maglia della “Beneamata”, essendo andato a segno sia domenica 3 febbraio nel successo esterno per 3-1 sulla Triestina e si sarebbe ripetuto ad una settimana di distanza partecipando alla “goleada” (5-0) di San Siro contro il Palermo – quando ha composto “Vita spericolata”, ma certo il titolo gli calza a pennello …

Perché il “Lui”, di cui raccontiamo quest’oggi l’incredibile storia, calcistica ed umana, è stato il primo grande straniero della storia del Club meneghino, il classico “genio e sregolatezza” che fa innamorare i tifosi e disperare tecnici e, soprattutto, Dirigenti per gli sbalzi d’umore, la vita non proprio consona di atleta fuori dal campo e le continue richieste di denaro che non basta mai, anche perché viene puntualmente dilapidato.

Ma, d’altronde, cosa si può pretendere da un soggetto “senza arte né parte”, a cominciare dall’essere “cittadino del mondo” in quanto apolide, che non è una malattia, semplicemente la situazione di colui che è privo di nazionalità, e questo a causa del suo girovagare e, più che altro, fuggire.

Sì fuggire, è sempre stato questo il filo conduttore della vita di Istvan Nyers, la cui famiglia è originaria di una zona dell’Ungheria settentrionale ai confini con la Slovacchia dove ad inizio anni ’20, dopo la fine della “Grande Guerra” ed il conseguente disfacimento dell’Impero austroungarico, esistono forti contrasti etnici per la maggioranza rom, ragion per cui è conveniente emigrare, ed il padre si rifugia in Francia, dove trova lavoro in una zona mineraria della Lorena.

Ed è qui, in una cittadina dal nome strano, Freyming-Merlebach, posta al confine orientale con la Germania, che il 25 marzo 1924 nasce Istvan (in ungherese, che poi sarebbe Etienne in francese, vale a dire Stefano nella lingua del Paese di Dante …), il quale fa rientro con la famiglia nel Paese di origine, a Subotica, sin dalla prima infanzia, a causa della grave crisi economica legata alla “Grande depressione” dopo il crollo di Wall Street del 1929.

Altra città di confine, Subotica, che alla fine del primo Conflitto Mondiale passa dall’Impero austroungarico al Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, per poi essere annessa nel 1941 – in piena Seconda Guerra Mondiale – all’Ungheria alleata della Germania nazista con scontri che causano migliaia di vittime e la deportazione di larga parte della comunità ebrea.

In questo coacervo di etnie e religioni cresce il giovane Istvan, il quale si allena anche in palestra prendendo lezioni di pugilato e costruendosi un fisico poderoso al quale però abbina una eleganza nei movimenti non comune dalle sue parti, unita ad un tiro quanto mai micidiale per potenza e precisione.

Ha 17 anni, Istvan, allorché è tesserato per il Szabadkai Vasutas, compagine di Subotica che milita nelle Divisioni inferiori ungheresi a causa della riferita annessione della città, per poi trasferirsi al più celebre Club della Capitale Budapest, vale a dire l’Ujpest con cui ha difficoltà a trovare posto in squadra per il suo carattere irrequieto ed indisciplinato, solo che quando viene schierato risulta sempre determinante, come testimoniano le 17 reti in altrettante gare disputate che consentono di vincere il Torneo 1946.

E’ anche convocato in Nazionale, Istvan, debuttando a fine settembre ’45 nel facile successo in amichevole per 7-2 sulla Romania in cui va anche a segno, così come realizza una delle due reti nella sconfitta per 2-3 dell’Ungheria a Vienna contro l’Austria del 14 aprile ’46, data importante in quanto segna la prima, importante svolta della sua carriera …

Ad assistere alla gara vi è, infatti, un emissario del Tecnico del Club francese dello Stade Français, neopromosso nella Massima Divisione transalpina ed a caccia di talenti per rinforzarne la rosa, il quale contatta Nyers a fine partita offrendogli un contratto di tutto rispetto se paragonato a quanto percepisce attualmente ed il 22enne non sta a pensarci su due volte, mettendo in atto la seconda cosa che gli riesce meglio, oltre a far impazzire i difensori avversari, vale a dire fuggire …

Non torna difatti a Budapest coi compagni di Nazionale, bensì si rifugia su di un camion militare cecoslovacco con destinazione Praga, una sorta di diserzione che gli costa la perdita della cittadinanza ungherese, così come la possibilità di continuare a giocare per quella che diverrà di lì a poco la “Aranycsapat” (“La Squadra d’Oro”) – di cui fanno già parte Nandor Hidegkuti e Ferenc Puskas – destinata ad incantare il Vecchio Continente sino alla rivolta del 1956 sedata nel sangue e conseguente emigrazione all’estero dei suoi giocatori più rappresentativi.

Nella Capitale ceca, Nyers trova un ingaggio al Viktoria Zizkov dove lo raggiunge l’allenatore dello Stade Français, nientemeno che l’ancora non troppo celebre, ma lo diverrà a breve, Helenio Herrera – che quanto a vicissitudini di vita tribolata ha ben poco da invidiare al giovane ungherese – per condurlo con sé in Francia.

Solo che al Club del sobborgo di Praga non va tanto giù di perdere un simile talento, compiendo il gesto alquanto subdolo di ritirargli il passaporto al fine di impedirgli di espatriare, anche se Nyers ci prova lo stesso, al seguito di Herrera e della fedele compagna Anna, sorella di un suo compagno di squadra al Vasutas, Ivan Zvekanovic.

Tentativo velleitario, in quanto alla frontiera viene fermato poiché sprovvisto di documenti, mentre il futuro “Mago” è condotto presso l’ambasciata francese dove Herrera mette una volta di più in mostra le sue indubbie qualità di sapersela cavare in qualsiasi circostanza, e cioè convincendo l’Ambasciatore transalpino di essere stato incaricato di reclutare calciatori apolidi (come, al momento, è Nyers …) per la Nazionale del suo Paese, dove oltretutto Istvan è nato e può richiederne la relativa cittadinanza.

L’Ambasciatore si fa convincere, firma il lasciapassare ed il trio può proseguire destinazione Parigi, lasciandosi alle spalle il primo, importante capitolo della vita di Istvan, l’apolide …

Ed il 18 agosto 1946, all’esordio nella Capitale, Nyers fa subito capire che l’investimento è destinato a dare buoni frutti, presentandosi al suo nuovo pubblico mettendo a segno una tripletta nel 4-1 inflitto all’Olympique Marsiglia, per poi concludere il primo Torneo fuori dal suo Paese d’origine con 21 reti in 35 partite che contribuiscono al più che dignitoso quinto posto per una formazione neopromossa.

Piazzamento che si ripete nel ’48, con Nyers ad andare a segno altre 13 volte nelle 27 gare disputate, ma sul quale hanno già posto gli occhi alcune delle più importanti Società europee, quali il Barcellona, il Torino e l’Inter, ed a spuntarla alla fine è proprio quest’ultima, al quale Helenio Herrera, che di Nyers oltre al Tecnico è anche il Manager, fa così il suo primo favore – lautamente ricompensato, del resto – senza poter ancora immaginare che, a distanza di 12 anni, toccherà proprio a lui sedersi sulla panchina ambrosiana.

A trattare l’affare per i nerazzurri è il Presidente Carlo Masseroni, industriale nel settore delle calzature ed al timone della “Beneamata” dal 1942, e che non è per nulla contento dell’andamento della squadra, la quale – pur in un’epoca in cui a dominare è il “Grande Torino” – ha appena concluso in decima e dodicesima posizione le stagioni 1947 e ’48 dalla ripresa dei Campionati, a 27 e 29 punti rispettivamente di distanza dalla corazzata granata.

Un qualcosa di inconcepibile per una Società blasonata come quella nerazzurra, e l’arrivo di Nyers – accompagnato da aloni leggendari, quali la capacità di correre i 100 metri in meno di 11”, una tecnica sopraffina in grado di mandare in confusione i più forti difensori ed un tiro al fulmicotone, frutto di traduzioni orali, poiché di filmati all’epoca, manco si parla – è la scintilla giusta per risvegliare il tifo dei delusi tifosi ambrosiani …

A contribuire al quale ci pensa il carattere spavaldo ed un tantino sfrontato dello stesso Etienne – che invano ha sperato di ottenere, nonostante la relativa richiesta avanzata, la cittadinanza francese – il quale, sceso dall’aereo allo scalo di Linate, si presenta al folto numero di giornalisti radunatosi per accoglierlo, con poche, ma significative parole: “Me voici, le grand Etienne …!!” (“Eccomi, il grande Stefano …!!”).

[…]

Schierato all’ala sinistra, Nyers si trova a proprio agio con le altre due punte Benito Lorenzi ed Amedeo Amadei, un trio da 62 reti in Campionato di cui 26 messe a segno da “Stefano” che così si aggiudica la Classifica dei Cannonieri (precedendo il compagno Amadei che ne sigla 22 …) evidenziando altresì una caratteristica quanto mai gradita ai tifosi del “Biscione”, vale a dire quella di andare regolarmente in goal nei derby contro i rivali cittadini del Milan, inaugurando la serie con il punto dell’1-0 nella sfida dell’andata poi vinta per 2-0 (bis di Lorenzi …), cui segue una doppietta al ritorno che evita la sconfitta nel confronto concluso 4-4 (con i rossoneri che conducevano 4-2 trascinati dal neoacquisto Gunnar Nordahl …).

Per l’Inter è l’anno della rinascita, concluso al secondo posto alle spalle dell’ultima recita del “Grande Torino”, contro cui disputa, il 30 aprile ’49 quella che è la loro ultima partita prima della tragedia di Superga di quattro giorni dopo, incontro che termina sullo 0-0 lasciando invariato il distacco di 4 punti tra le due formazioni.

Ed è lo stesso Nyers a rendere omaggio a quegli sfortunati ragazzi raccontando l’andamento della sfida in cui non era riuscito ad andare a segno sottolineando “di non aver mai sinora incontrato nella mia carriera difensori così forti quali Ballarin e Maroso …!!”.

[…]

E’ un’Inter spumeggiante, che si diverte in campo e fa divertire i propri tifosi, e che nel ’51 – anno in cui a vestire la maglia nerazzurra giunge un altro fuoriclasse svedese, vale a dire Lennart Skoglund – va per 107 volte a segno, ma lo Scudetto sfuma per un sol punto (60 a 59) rispetto ad un Milan che torna a festeggiare a distanza di 44 anni dall’ultimo titolo e con Nyers, autore di 31 reti (suo massimo in carriera per singola stagione …) a far ancora da scudiero ad un Nordahl che ne realizza 34 da par suo, pur avendo ancora una volta messo il suo sigillo (gli altri due centri sono di Skoglund …) nel successo per 3-2 nel derby di andata.

Nel frattempo però, Nyers sfrutta il lauto ingaggio per darsi alla bella vita, gli piace vestire bene, guidare macchine costose e, soprattutto, è attratto dalla vita mondana, frequentatore di tabarin e soprattutto delle sale da gioco, dove basta dargli un po’ di corda esaltando le sue doti tecniche di “Grand Eitienne” ed eccolo seduto ai tavoli di poker dove lascia, puntualmente, somme non trascurabili …

A tali frequentazioni notturne, Stefano e la moglie Anna aprono anche un’attività in pieno centro quale Atelier di abiti di lusso, a Milano si sente a proprio aggio come ricorda in seguito: “Città meravigliosa, perfetta per me, vi avevo trovato la mia giusta dimensione …”.

Sul campo continua ad incantare, anche nel ’52 realizza 23 reti (terzo tra i Marcatori alle spalle di John Hansen e Nordahl …) in 29 gare disputate, così come terza giunge l’Inter in Campionato, alle spalle di Juventus e Milan, sotto la guida dell’ex Campione Mondiale Aldo Olivieri, circostanza che non può far felice Masseroni, il quale vuole vedere rientrare, sotto forma di successi, gli investimenti fatti.

La svolta giunge nell’estate ’52, allorquando alla guida tecnica viene chiamato un altro ex Campione azzurro del 1938, vale a dire Alfredo Foni, il quale cambia radicalmente impostazione alla squadra, “prima non prenderle” è il suo mantra, ed una formazione che nelle ultime due stagioni aveva realizzato la bellezza di 107 ed 85 reti, conclude il Campionato alla misera cifra di 46 (!!), ma grazie alle sole 24 subite riporta il titolo nella bacheca nerazzurra a distanza di 13 anni.

In tale “miseria”, Nyers si conferma peraltro per il quinto anno consecutivo il “top Scorer” nerazzurro con 15 reti all’attivo, ma la conquista dello Scudetto tanto atteso è per lui l’occasione giusta per “battere cassa” con il Presidente e chiedere un aumento dell’ingaggio, anche perché i debiti (di gioco e commerciali …) iniziano a pesare.

Così non si presenta al ritiro precampionato, ma Masseroni non molla di un centimetro, lui manco per idea, lasciando la moglie a curare il negozio e trasferendosi a Sanremo – caso strano città dove ha sede un Casinò – minacciando altresì di abbandonare l’Italia e fare ritorno in Jugoslavia, visto che si sta avviando alla soglia dei 30 anni.

Cosa che effettivamente fa, iniziando ad allenarsi con la Stella Rossa di Belgrado, ed alla fine il braccio di ferro si risolve, con Nyers a riaffacciarsi ad Appiano Gentile anche se Masseroni, dopo avergli affibbiato una salata multa, pretende che venga lasciato fuori squadra, visto che bene o male la squadra a fine ottobre ’53 è pur sempre in testa alla Classifica con 12 punti dopo 7 giornate, una lunghezza di vantaggio sul Napoli e due sulla coppia formata da Fiorentina ed Juventus, con il Milan ad inseguire a quota 9.

Ma domenica 1 novembre è in programma il derby ed un’eventuale vittoria dei rossoneri li porterebbe ad un solo punto di distacco, così che Foni avrebbe intenzione di schierare Nyers all’ala sinistra per quello che sarebbe il suo debutto stagionale e, supportato da alcuni Dirigenti, sfida le possibili ire presidenziali mandandolo in campo, con Masseroni che, saputo della decisione, deserta l’appuntamento.

Per “l’apolide dal piede magico” è come se si trattasse di un nuovo esordio e, memore di quanto avvenuto nei precedenti con lo Stade Français e la stessa Inter, pensa bene di risolverlo alla sua maniera, ovvero decidendo la sfida ad inizio ripresa con una doppietta nell’arco di quattro minuti (50’ e 54’) per poi completare l’opera al 73’ trasformando il rigore del definitivo 3-0 per la gioia incontenibile dei tifosi sulle tribune di San Siro.

Ma anche se ha riconquistato l’affetto del pubblico, la frattura con la Dirigenza è oramai insanabile ed a fine stagione Nyers si trasferisce alla Roma lasciando in dote ben 133 reti in 182 gare di Campionato disputate che lo rendono tuttora il terzo miglior marcatore nella Storia del Club (alle spalle dei soli Meazza e Lorenzi) e primo quanto a giocatori provenienti dall’estero.

Oramai sul viale del tramonto, a dispetto dei soli 30 anni sui quali gravano però le avventure extra calcistiche, Nyers fornisce peraltro un soddisfacente contributo nel biennio in cui indossa i colori giallorossi in un attacco che lo vede schierato all’ala sinistra con Alcides Ghiggia sul fronte opposto e Carletto Galli in veste di centravanti, mettendo a segno 11 e 9 reti rispettivamente che contribuiscono ai due piazzamenti a ridosso delle prime, terzi nel ’55 (con l’Inter a classificarsi ottava …) e sesti nel ’56.

Vorrebbe continuare a giocare, ci prova in Spagna presentandosi al Barcellona del suo vecchio mentore Helenio Herrera, ma è proprio quest’ultimo a bocciarlo, ritenendolo oramai “troppo logoro e discontinuo”, si accontenterebbe di un contratto a gettone all’Inter, ma l’unica offerta concreta proviene dal Lecco che lo tessera ad aprile ’59 e, dopo aver sfiorato la Promozione in A giungendo terzo nel Torneo Cadetto, contribuisce l’anno seguente alla prima “storica” salita dei lariani nella Massima Divisione, per poi chiudere con il calcio giocato nel 1961 a 37 anni, con un’ultima stagione al Marzotto Valdagno in B …

Prova nuovamente a dedicarsi al commercio, stavolta nel settore degli elettrodomestici e delle opere d’arte, ma i risultati son sempre i soliti, assegni e cambiali a vuoto, sottrazione di merci che gli valgono denunce varie e condanne nelle aule dei Tribunali, con lui che periodicamente scompare per sottrarsi ai creditori salvo poi riapparire all’improvviso.

No, essere apolide non è una malattia – anche in Italia, come in Francia, le sue richieste per ottenere la cittadinanza vengono ignorate – bensì un modo di concepire la propria esistenza ed un rapporto malsano con il denaro del quale, una volta trasferitosi a Bologna, dove sembra avere trovato una certa pace, riferisce: “Qualche milione l’ho buttato, ma la mia ricchezza erano le amicizie …”, forse male selezionate, ci permettiamo di precisare, visto che troppo spesso se ne approfittavano.

Per certi versi, una sorta di George Best ante litteram, che sicuramente si è goduto la vita ed ha deliziato con le sue giocate quei tifosi che non hanno mai smesso di amarlo, prima di ritirarsi a Subotica perché capisce che quella è la sua vera casa, e dove si spenge il 9 marzo 2005, a due settimane dal compimento degli 81 anni …

Ma non ha “scelto” una data a caso, poiché il 9 marzo 1908, quasi cent’anni prima, veniva fondata l’Inter, il Club che lui stesso ha definito “una squadra meravigliosa, piena di artisti, ed in cui tutti eravamo grandi amici …!!”.

E dove, aggiungiamo noi, ha saputo trovare quell’affetto sincero che la sua vita di apolide gli ha quasi sempre negato …

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