La battaglia di Santiago - Gli Eroi del Calcio
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La battaglia di Santiago

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli) –

Era il 2 giugno 1962, festa della Repubblica in Italia, quando undici uomini in casacca azzurra si trovarono ad affrontare il popolo di un’intera nazione. E persero.

Ci sono alcune partite, passate alla Storia del Calcio, che non hanno significato grandi vittorie o imprese sportive eccezionali, ma si sono impresse come pietre miliari nello scorrere del tempo, creando dei punti di svolta nella storia delle squadre, o delle nazionali, coinvolte.

Una di queste è stata Cile – Italia, gara valevole per il mondiale che si svolse nel paese andino.

Oggi, che stiamo per scollinare il primo quarto degli anni Duemila, ci risulta difficile pensare ad un paese non evoluto, ma sessant’anni fa non era così.

Il Cile era un paese molto arretrato rispetto alla modernità dell’Occidente, e inoltre lontano dalle usuali rotte calcistiche, che nel continente sudamericano si identificavano in Argentina, Brasile e Uruguay.

Il mondiale di calcio, però, allora come sempre, costituisce un potente volano per la crescita economica, industriale e sociale di una nazione, forse più ancora dei Giochi Olimpici, limitati a una sola città e questo, probabilmente, spinse Carlos Dittborn Pinto, un politico e dirigente calcistico cileno illuminato quanto lungimirante, a chiedere e a riuscire a ottenere l’organizzazione dei settimi mondiali di calcio.

L’Italia tornava a partecipare ad una fase finale dopo la mancata qualificazione al mondiale svedese del 1958, si presentava come una buona squadra, forte di sicuri campioni come Gianni Rivera, Gigi Radice, Giovanni Trapattoni, Giacomo Bulgarelli, Ezio Pascutti, ma ancora con tante incognite e incertezza sulla guida tecnica.

La Commissione Tecnica era formata da Giovanni Ferrari, campione del mondo nel 1934 e 1938, e da Paolo Mazza, presidente della Spal e abile manipolatore delle cose calcistiche, ma voce in capitolo sulle scelte l’avevano anche i giornalisti Gianni Brera e Gualtiero Zanetti, e fu il caos.

Gli azzurri giunsero nel paese andino già invisi, perché visti, da quelle parti, come “predatori calcistici” dei talenti altrui, inoltre in rosa annoveravano, oltre agli italiani citati prima, i brasiliani José Altafini e Angelo Sormani, gli argentini Humberto Maschio e Omar Sivori, i traidores, e questo non fece che accrescere l’avversione nei confronti dei nostri colori.

Non solo: furono artatamente strumentalizzati alcuni articoli di Antonio Ghirelli e Carlo Pizzinelli, che non facevano altro che descrivere la realtà del posto, nemmeno in maniera troppo caustica, di cui riportiamo alcuni stralci di un articolo del primo apparso sul Corriere della Sera: “Un campionato del mondo a 13 mila chilometri di distanza: pura pazzia. Il Cile è piccolo, povero, fiero, ha accettato di organizzare questa edizione della Coppa Rimet come Mussolini accettò di mandare l’aviazione a bombardare Londra. La capitale ha 700 posti letto. Il telefono non funziona. I taxi sono rari come i mariti fedeli. Un cablogramma per l’Europa costa un occhio della testa. Una lettera aerea impiega 5 giorni.”[1]

Nessuna osservazione particolarmente dura, si esalta, anzi, la fierezza del popolo cileno: “Il Cile è una terra di pionieri: la constatazione terrorizza il turista e il giornalista, entusiasma il viaggiatore disinteressato.”[2]

È anche sottolineato lo sforzo fatto dal paese per rappresentare il meglio di sé: “Il volto di Santiago è cambiato da 4 mesi a questa parte sotto l’impulso dell’incredibile appuntamento con la gloria: strade rifatte, semafori dipinti a nuovo, facciate di palazzi ripulite, una secolare pigrizia che di colpo si riscuote, un governo e 4 municipalidades che spendono gli ultimi dollari di riserva per mostrarsi all’altezza. Crolla lo scudo cileno, inorgoglisce il vecchio cuore castigliano. È una spavalda sbruffonata, che comincia col farti rabbia e finisce per commuoverti. Che Dio ce la mandi buona.”[3]

Passano gli anni, ma l’ambizione di fondo di chi organizza resta, sostanzialmente, la stessa.

Tutto il precedente, in ogni caso, servì a fomentare gli animi, a creare un clima esplosivo, con gli articoli letti alla radio, perché la maggior parte della popolazione era analfabeta, clima che non si addiceva ad una partita di calcio, che da tale era stata trasformata in una “guerra politica”.

Per quel che può contare, a posteriori, il match sarebbe stato anche importante ai fini della qualificazione, agli azzurri occorreva vincere dopo lo scialbo zero a zero d’esordio contro la Germania Ovest, i cileni avevano già superato la Svizzera (3-1).

Non ci fu partita, però, ma solo caccia all’uomo.

Complice la condiscendente e casalinga direzione di gara dell’inglese Kenneth Aston, i cileni trasformarono subito la partita in un incontro di pugilato, i nostri caddero anche nelle provocazioni, fatto sta che dopo dodici minuti fu espulso Giorgio Ferrini, dopo quarantuno Mario David, la gara diventò di esclusiva resistenza, che durò fino alla rete di Jaime Ramirez al 74’, con il punteggio fissato all’88’ con il raddoppio di Jorge Toro.

Mario David, espulso, lascia il campo scortato durante la “Battaglia di Santiago”

Finì così una partita di calcio che era diventata solo una rissa da vecchio saloon, con gli azzurri in pratica eliminati, vittime sacrificali sì delle condizioni ambientali avverse, ma anche di una gestione tecnica fallimentare e dilettantistica.

Ad epitaffio di questo racconto, riportiamo le parole con cui David Coleman, telecronista della BBC inglese, introdusse la telecronaca registrata dell’incontro: “Buon pomeriggio. L’incontro a cui state per assistere è l’esibizione di calcio più stupida, spaventosa, sgradevole e vergognosa, possibilmente, nella storia di questo sport.”[4]

La maglia in foto (Lanificio Fedeli) è indossata da Franco Janich il 2 giugno 1962 a Santiago del Cile nella partita Cile-Italia (2-0) del Campionato del Mondo 1962, in Cile, nella sua partita d’esordio in Nazionale. Al termine della drammatica partita, i giocatori azzurri si rifiutarono di scambiare la maglia con i cileni.

Si ringrazia Clino D’Eletto per la gentile concessione (Qui puoi vedere la Collezione di Clino www.collezionecalcio.it)

Bibliografia

  • Caruso, Un secolo azzurro, TEA, Milano, 2016
  • F. Chiesa, La grande storia del calcio italiano, Guerin Sportivo, 2020
  • Ciccarelli, 80 voglia di vincere, Ed. CentoAutori, Villaricca (Na), 2010
  • Ghirelli, Storia del calcio in Italia, Einaudi, Torino 1967

 

Wikipedia

[1] La Storia nel Pallone, 1962, tra le risse il Brasile, Ed. La Stampa, Torino, 1990

[2] Ibidem

[3] Idem

[4] www.persemprecalcio.it

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allenatore di calcio professionista, si dedica agli studi sullo sport, il calcio in particolare, dividendo tale attività con quella di dirigente e allenatore. Giornalista pubblicista, socio Ussi e Aips, è membro della Società Italiana di Storia dello Sport (Siss), dell’European Committee for Sports History (Cesh), dell’Associazione dei Cronisti e Storici dello Sport (La-CRO.S.S.). Relatore a numerosi convegni, oltre a vari saggi, ha pubblicato: 80 voglia di vincere – Storia dei Mondiali di Calcio (2010); La Vita al 90° (2011), una raccolta di racconti calcistici; Più difficile di un Mondiale – Storia degli Europei di Calcio (2012); Il Destino in un Pallone (2014), una seconda raccolta di racconti calcistici; Lasciamoli giocare-Idee per un buon calcio giovanile (Edizioni del Sud, Napoli 2016). Per GliEroidelCalcio in convenzione S.I.S.S.

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