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Abel Balbo: “Al mio arrivo in Italia ero in un mondo sconosciuto”

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Abel Balbo, l’attaccante argentino di Udinese, Roma, Parma e Fiorentina ha rilasciato una intervista al posticipo.it, di seguito alcuni estratti.

Lei è cresciuto in un paesino argentino: come è stata la sua infanzia?
Molto bella e sana. Io provengo da una famiglia umile: mio padre era un operaio e lavorava in una fabbrica metallurgica. […] Andavo a scuola e giocavo a pallone nel campetto della chiesa con gli amici. Un signore del paesino aveva fondato una squadra. Facevamo tornei alla domenica: iniziavo a giocare al mattino e finivo la sera.

Quando ha deciso di fare il calciatore? Chi erano i suoi miti?
Sognavo di fare il calciatore da sempre. Il mio primo mito è stato Mario Kempes, poi Diego Armando Maradona appena è apparso nel grande calcio. Loro due sono stati i miei due riferimenti più importanti. Ho avuto la fortuna di giocare due Mondiali insieme a Diego, all’inizio non pensavo che ci sarei riuscito. Ho segnato un gol su un suo assist nello spareggio Mondiale nel ’93 in Australia nelle qualificazioni per Usa ’94.

Come è stato il suo arrivo in Italia?
All’inizio è stato difficile. L’anno prima di andare all’Udinese avevo fatto le visite mediche col Verona e avevo firmato un contratto con loro, ma c’era la regola dei tre stranieri e sono andato in prestito al River Plate. Quando sono tornato il Verona non mi ha voluto e sono passato all’Udinese. […] il campionato italiano era quello più prestigioso del mondo negli Anni ’90, ci arrivavano in pochissimi, ogni squadra non poteva avere più di tre stranieri. Giocare in Serie A in quel periodo era una conferma del mio valore: andare a giocare in Italia era il massimo a cui un calciatore poteva aspirare […]

Andare a Udine però le ha dato una mano…
Sì, ho avuto la fortuna di andare in una città molto tranquilla come Udine: io e mia moglie siamo arrivati da soli, ci eravamo appena sposati, lei aveva appena 18 anni. Questa esperienza ci ha aiutato a crescere come persone e come famiglia. Ho vissuto un po’ di tutto, anche un po’ di paura: era difficile, non c’era il telefono a casa, ogni tanto potevi andare a chiamare da un telefono pubblico con una scheda. Eravamo in un mondo sconosciuto per noi.

Lei ha vissuto due periodi diversi alla Roma: nel primo ha giocato tanto, nel secondo meno…
Quando sono arrivato la prima volta abbiamo lavorato per costruire qualcosa che potesse diventare bello in futuro. La Roma era in ricostruzione: Sensi ha preso in mano una società piena di debiti […]

Lei ha giocato col primo Totti: che cosa ricorda?
Francesco ha giocato la sua prima partita nel marzo ’93, quando sono arrivato io entrava dalla panchina. Nel 94′ Daniel Fonseca si è infortunato ed è rimasto fuori per un periodo lungo così Francesco è diventato il mio compagno di reparto in campionato. L’ho aiutato un pochino nel periodo dell’inserimento: al ragazzo andava data una mano, anche se c’era da aiutare poco perché quando hai davanti un campione del genere quasi sempre è lui ad aiutarti.

Lei è stato allenato da Zeman alla Roma: vi spremeva in allenamento?
Aveva una metodologia di lavoro tutta sua, era molto pesante però aveva ottenuto buoni risultati e allenarsi in quel modo andava bene. Col tempo però si è scoperto che quel genere di lavoro fisico non era ottimale per tutti. Nel calcio di oggi i lavori sono molto individuali: correre per cinque ore al giorno per un centrocampista andava bene perché doveva scattare tante volte per 70-80 metri durante la partita. Per un attaccante però non era così […]

Dopo la prima esperienza alla Roma, lei ha giocato col Parma e con la Fiorentina: due esperienze brevi in cui però ha vinto…
Il Parma 1998-99 era uno squadrone: siamo arrivati col fiato corto alla fine, altrimenti avremmo potuto vincere lo scudetto e fare il Triplete. Avevamo conquistato Coppa Italia e Coppa Uefa, in campionato siamo stati in testa fino a gennaio-febbraio, poi siamo calati fisicamente perché abbiamo giocato tutte le competizioni con molta intensità. […]

Che cosa ricorda della stagione alla Fiorentina?
Nel 1999-2000 era uno squadrone poi Trapattoni era un genio e il numero uno al mondo nella gestione del gruppo. Siamo stati eliminati alla seconda fase a gironi in Champions perché ci hanno rubato la partita contro il Valencia e abbiamo perso 2-0: ci hanno annullato un gol all’ultimo minuto che ci avrebbe permesso di passare il turno. Nelle stagioni alla Roma la squadra era ottima, a Parma e Firenze però ero circondato da campioni. Con la Fiorentina siamo stati sfortunati perché saremmo potuti arrivare in finale di Champions: c’era la giusta motivazione in quella squadra.

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