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Maradona ridotto a una condizione di servitù?

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«Associazione a delinquere, truffa e circonvenzione di incapace». Sono le pesanti accuse di due magistrati argentini di La Plata, Maria Cecilia Corfield e Pablo Raele, nei confronti di chi è stato accanto a Diego Maradona negli ultimi anni della sua tormentata vita. L’inchiesta è partita da una denuncia presentata nei mesi scorsi da Dalma e Gianinna Maradona, le figlie del Diez e Claudia Villafane, contro Matias Moria, avvocato e manager del Pibe, titolare della società Sattvica che controlla tuttora il marchio di Diego. Moria e il suo collega Victor Stinfale sono stati identificati come gli “organizzatori di un piano” per manipolare psicologicamente il Campione attraverso la «somministrazione di alcol, farmaci e marijuana».

[…] I figli di Maradona hanno emesso un comunicato (manca la firma di Jana e per Diego jr è indicato il numero del passaporto) sottolineando l’impegno della Procura di La Plata «per la scoperta della verità sulla morte di nostro padre» e hanno pubblicato uno stralcio dell’atto dei magistrati Corfield e Raele: «Almeno dalla fine di luglio 2020 e fino all’inizio di novembre nel quartiere Chiuso Campos de Roca gli imputati Victor Stinfale, Matias Edgardo Morla, Maximiliano Pomargo, Vanesa Moria, Maximilian Trimarchi e Carlos Orlando Ibanez hanno ridotto Diego Armando Maradona alla condizione di servitù, limitando i contatti con familiari, amici e parenti, sia di persona che telefonicamente, fornendogli alcol, droghe e marijuana e manipolandolo psicologicamente con diversi doni con lo scopo di tenerlo sotto il loro potere, per beneficiare economicamente del reddito generato attorno alla sua figura».

Il Mattino – Francesco De Luca

“Diegojunior ha fame di giustizia: «Questo è soltanto un primo passo. Vogliamo far conoscere a tutti la verità. Noi non ci siamo inventati nulla, questa è la posizione di un tribunale. Per quanto mi riguarda, combatterò per dare giustizia a mio padre, lo ribadisco senza mezzi termini. Ci potranno volere anche 10 anni, ma non mi fermo. E se non dovessi riuscire io, il testimone passerebbe ai miei figli». Diegojunior ricorda alcuni momenti di quel periodo: «Non era molto facile parlare con papà. Magari non rispondeva al telefono e queste persone non lo avvisavano neanche del tentativo di mettermi in contatto con lui. A volte passavano giorni e giorni. Io ovviamente insistevo e alla fine ci riuscivo, ma questo mi è sembrato da subito molto strano. Abbiamo sempre avuto il sospetto che qualcosa non andasse per il verso giusto». La battaglia legale proseguirà: «Gli imputati ovviamente stanno provando a cambiare il foro di competenza del processo spostandolo – continua Diego junior – dal tribunale di La Plata. Questo ovviamente allungherebbe i tempi almeno di un anno e mezzo perché poi andrebbero rifatte daccapo tutte le indagini. Noi a questo ci siamo opposti e proprio per questo motivo abbiamo scelto di diffondere questo comunicato. Vogliamo mantenere alta l’attenzione sulla vicenda».”

La Repubblica – Pasquale Tina

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